20 ago – Un fatto ”triste” che ha causato la ”fuga di oltre 600 famiglie cristiane nel timore di nuove violenze”. Cosi’, Paul Bhatti, consigliere speciale del ministro pakistano per l’Armonia nazionale, ha commentato ad AsiaNews il caso di una bambina di 11 anni affetta da sindrome di down arrestata nei giorni scorsi in un quartiere povero di Islamabad dopo essere stata accusata di blasfemia per aver bruciato pagine del Noorani Qaida, il manuale per imparare a leggere il Corano.
Oggi la piccola, di nome Rimsha Masih, rischia l’ergastolo, e il politico cattolico non risparmia al contempo critiche contro attivisti e organizzazioni per i diritti umani, rei di voler ”speculare” sul dramma per un tornaconto personale, manipolando in alcuni casi la realta’.
”Il loro e’ comportamento, non hanno alcun interesse alla vita umana’‘, ha dichiarato Bhatti, lanciando l’invito ad un uso ”responsabile” di internet e dei social network. ”Basta postare – ha poi lamentato – notizie non confermate e usare la vita di innocenti per tornaconto personale”.
Secondo lo Human Rights Monitor 2011, il rapporto annuale curato dalla Commissione nazionale di Giustizia e pace (Ncjp) della Chiesa cattolica pakistana, nel 2010 almeno 40 persone sono state incriminate per blasfemia. Tra queste vi sono 15 cristiani, 10 musulmani e 6 ahmadi.
Le persone assassinate con il pretesto della ”legge nera” sono invece 37, fra cui 18 cristiani e 16 musulmani.
Nella maggioranza dei casi le morti derivano da omicidi extragiudiziali. Dal 1986 – anno dell’entrata in vigore – al 2010 le persone imputate per blasfemia sono state 1081, di cui 138 cristiani, 468 musulmani e 454 ahmadi.