La UE finanzia progetti di cancel culture

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Tra i progetti europei, quindi finanziati dalla Commissione europea, ne spiccano almeno due dedicati alla “decolonizzazione” dell’Europa

di Francesca Galici – Si tratta dell’EUrban DECO e dell’UDEW, diversi ma profondamente simili. Il primo intende “mappare” sette città europee con toponomastica “riveduta e corretta” in chiave anticoloniale, ossia secondo “la prospettiva dei popoli colonizzati”. Il secondo è molto simile perché si ripropone, allo stesso modo, di mappare alcune città europee ma con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica, con particolare riferimento ai giovani di origine straniera, affinché vengano a conoscenza del passato coloniale dell’Unione Europea. Il dubbio è che questo avvenga con una narrazione intrisa di sensi di colpa.

Nel mirino ci sono tutte le strade che, in qualche modo possono essere riconducibili al passato coloniale dei Paesi europei e che, per questa ragione, non hanno ragione di continuare a esistere ma, con una sorta di intervento riparatore e risarcitorio, dovrebbero essere rinominate nella prospettiva dei Paesi colonizzati.

Questi due progetti, come spiega Pierre Chamatin in un reportage ben articolato sul quotidiano francese Jdd, si rifanno a un altro che ha interamente radici nel nostro Paese e che ha preso il via nel 2020, “Decolonize your Eyes”, che si è protratto dal 2020 al 2023 e che ha avuto, anche in questo caso, il sostegno finanziario dell’Unione europea. Durante l’attivazione di questo progetto, l’obiettivo era quello di installare cartelli multilingue in tutte quelle strade in cui il nome si riconducibile a un evento coloniale. Il cartelloni nuovi erano previsti in tripla lingua: italiano, inglese e arabo e il nome era stato scelto affinché non fosse “costruito da uno sguardo eurocentrico ed egemonico che imprigiona e disumanizza”.

Questi progetti si inseriscono all’interno del Cerv, un grande progetto europeo che in 7 anni, tra il 2021 e il 2027, mette a disposizione in tutto 1,5 miliardi di euro. I progetti EUrban e UDEW attingono da questo fondo per il proprio finanziamento e mirano a giustificare la cancel culture in nome di una rivisitazione storica in chiave woke. Si tratta dell’ennesimo washing, oltre che di un’altra occasione in cui l’Europa decide volontariamente di abdicare la propria cultura in nome dell’inclusività al contrario, alla quale si prestano soprattutto i giovanissimi.

Un esempio lampante di ciò che si trova alla base di questo progetto è quanto accaduto a Milano, quando durante il “No Meloni Day”, una manifestazione pro-Palestina dei collettivi della sinistra alla quale ha partecipato anche Greta Thunberg, è stata coperta l’indicazione toponomastica di via Cristoforo Colombo. Al suo posto un foglio con l’indicazione “via Resistenza Indigena”.
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