a cura di Daniele Trabucco (*)
Il Ministro senza portafoglio per gli Affari generali e le Autonomie, Roberto Calderoli (Lega), ha affermato, in varie occasioni, che un referendum abrogativo sulla legge ordinaria dello Stato 26 giugno 2024, n. 86, attuativa dell’art. 116, comma 3, della Costituzione vigente (concernente il c.d. regionalismo differenziato), sarebbe dichiarato inammissibile da parte della Corte costituzionale.
Ora, lasciando al giudice delle leggi l’ultima parola, i rilievi del Ministro e di alcuni costituzionalisti non paiono particolarmente convincenti.
In primo luogo, non è sostenibile la tesi secondo la quale il quesito referendario, avente ad oggetto l’intera legge n. 86/2024, non sarebbe dotato del requisito della omogeneità, toccando diversi aspetti della fonte-atto. Palazzo della Consulta, in merito, ha precisato come l’omogeneità implica il non obbligare gli elettori a pronunciarsi cumulativamente (per l’abrogazione o non) su questioni da decidere separatamente (così sentenza n. 16/1978 Corte cost. e, in dottrina, A. Vignudelli). La formulazione del quesito, sul punto, soddisfa in pieno quanto richiesto dal giudice costituzionale, trovandosi gli elettori di fronte ad una ratio unitaria, ossia quella di abrogare o mantenere in vigore la modalità adottata dal legislatore statale di dare concreta attuazione all’art. 116, comma 3, del Testo fondamentale. Né si può replicare che la legge contiene disposizioni normative che danno attuazione ai LEP (i livelli essenziali delle prestazioni) ritenuti distinti dall’autonomia, dal momento che si dovevano fare già dal 2009 per il c.d. federalismo fiscale (legge di delegazione n. 42/2009). Proprio il fatto che siano stati ritenuti rilevanti dal legislatore statale ai fini della procedura attuativa dell’art. 116, comma 3, Cost., non li separa dal loro essere parte integrante, per espressa volontà delle Camere, dello specifico iter contenuto nella legge n. 86/2024.
In secondo luogo, non convince neppure la tesi, sostenuta da una parte della dottrina costituzionalistica (Mario Bertolissi), in base alla quale la legge n. 86/2024 sarebbe esclusa dal referendum in quanto a contenuto costituzionalmente obbligatorio. Com’è noto, accanto alle materie espressamente indicate nel comma 2 dell’art. 75 della Costituzione (leggi di autorizzazione alla ratifica di Trattati internazionali, leggi di amnistia e indulto, leggi tributarie e di bilancio), la giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sentenza n. 16/1978, ha ricavato «una serie di cause inespresse, previamente ricavabili dall’intero ordinamento costituzionale del referendum abrogativo». Tra queste rientrano anche le leggi a contenuto costituzionalmente obbligatorio, ovvero leggi essenziali per il funzionamento del sistema democratico, il cui scopo è di evitare che gli organi costituzionali e di rilievo costituzionale siano esposti, anche in via solo teorica, ad una paralisi nell’espletamento delle loro funzioni. Tuttavia, l’eventuale abrogazione totale della legge ordinaria dello Stato n. 86/2024 non incide su funzioni né dello Stato, né delle Regioni, né di altri organi costituzionali o di rilievo costituzionale.
Lo stesso giudice delle leggi ha chiarito (sempre sentenza n. 16/1978) come non sia sostenibile che tutte le leggi ordinarie, comunque costitutive o attuative di istituti, organi e procedure, di principi stabiliti o previsti dalla Costituzione siano sempre sottratte a referendum abrogativo. La legge c.d. «Calderoli», infatti, non realizza che una delle tante soluzioni astrattamente possibili per attuare il disposto costituzionale.
In terzo ed ultimo luogo, l’argomentazione per cui la legge n. 86/2024, avendo anche un contenuto rilevante sul piano finanziario, rientrerebbe nel novero delle «leggi tributarie» e, dunque, cadrebbe nell’espresso divieto di possibilità di referendum abrogativo trattandosi di materia esclusa dal comma 2 dell’art. 75 Cost., non è così dirimente. La Corte costituzionale ha oscillato tra una nozione più restrittiva di norma tributaria (sentenza n. 26/1982 Corte cost.) ed una più estensiva (sentenza n. 11/1995 e sentenza n. 37/1997, entrambe in materia di sostituto di imposta), arrivando a ritenere che siano escluse dal referendum abrogativo sia le norme che riguardano il momento costitutivo dell’imposizione, sia gli aspetti dinamici del rapporto (sentenza n. 51/2000). Questo due aspetti, però, esulano dalla legge «Calderoli», dal momento che le disposizioni prettamente finanziarie riguardano il finanziamento dei LEP (art. 9) e le misure perequative (art. 10).
In conclusione, dunque, una volta superato il giudizio di legittimità da parte dell’Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, una eventuale inammissibilità da parte della Corte costituzionale presterebbe il fianco a numerose critiche.
(*) Professore strutturato in Diritto Costituzionale e
Diritto Pubblico Comparato
presso la SSML/
Istituto di grado universitario «san Domenico» di Roma.
Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico