Perché è sbagliato dire “bambini trans”

transizione di genere

a cura di Giusy D’Amico – Tavolta non è il solito circolo di quelli che ossessionati dagli stereotipi di genere  organizza fiabe raccontate dalla drag queen di turno, in uno dei gayvillage dove solitamente si autorizza di tutto.

Qui siamo dentro un’università dove si ipotizza addirittura un laboratorio per ‘Bambin* trans e gender creative’, qui ci mette la bolla papale  l’università di Roma 3, il suo comitato etico approva un progetto di ricerca , dice la locandina, per ascoltare e accogliere le storie di bambin* e ragazz* condotto da ricercator* della comunità (quale?) e da un’ insegnante montessoriana.

Innanzitutto quando  un’ università ci mette la faccia su un annuncio pieno di asterischi, già anticipa che tipo di decadenza linguistica sta connotando quello che un tempo eravamo soliti riconoscere come tempio del sapere.

Vediamo insieme perché è sbagliato ipotizzare un’iniziativa per bambini trans .

I bambini non sono trans, non nascono trans, non esiste un solo testo di scienza che sia in grado di affermare questo assunto.

In una età così acerba non è possibile connotare un bambino con un’etichetta tanto invasiva, perché secondo gli studi più accreditati  di neuropsichiatria infantile , si legge e si studia , che proprio nel tratto dell’età evolutiva (e anche la lingua italiana non è un’opinione, il termine  evolutiva viene da evoluzione , quindi cambiamento) il bambino concepisce la sessualità solo in funzione al suo apparato escretore, al di fuori del quale non ha alcuna rappresentazione sistemica , è una forzatura dell’adulto identificarlo con attributi assolutamente fuorvianti.

Siamo parte di una decadenza, non solo linguistica con asterischi* e schwa , che espongono la nostra meravigliosa lingua per esempio a vacuum vocalici imbarazzanti,  ma ci riempie di ipotesi surreali antiscientifiche direi, che ci stanno  intrappolando dentro una fantomatica inclusione, termine che propriamente vuol dire essere chiusi dentro, inglobati in una realtà che ci imprigiona. Non a caso inclusione e reclusione sono termini particolarmente vicini.

Si sta rinchiudendo il concetto di infanzia e adolescenza in una visione così ristretta e distorta con il termine trans, che letto così accanto alla parola bambino, ci offre visivamente l’immagine di un piccino disturbato truccato su tacchi a spillo e con voce da bambina…o qualcosa di simile…che non dobbiamo includere , è già parte del contesto sociale che lo accoglie per quello che è,  un bambino come tantissimi altri, alla scoperta del suo sé, in continua evoluzione, in un continuo gioco dei ruoli dove esplora e  impara chi è,  chi sarà,  e chi vorrà diventare.

È evidente che lo lasceremo giocare, inventarsi, e desiderare di essere Superman,  ma noi adulti (cito le frasi di una mamma che ha scritto a noi di Non si tocca la Famiglia 3 anni fa) ” ….non diremmo a un bambino vestito da Superman che ci saluta da in cima ad una scala che è davvero un supereroe e che quindi può volare. E non diremmo a una ragazza di nemmeno 50 kg che si vede grassa che può mettersi a dieta. Dunque non diremmo a una ragazza che si sceglie un nome da maschio che è un maschio…

Ma questo purtroppo lo facciamo anche nelle scuole”. Perché quand’anche un bambino fosse attratto dai vestiti della mamma o della sorellina, o dalle bambole piuttosto che dai trenini, non è sintomo di niente, se non di una fase esplorativa normale, di ricerca, di gioco, di sperimentazione.

Ripeto normale, l’ho visto fare ai miei figli il maschio con la  femmina, scambiarsi vestiti,  giocattoli e ruoli, l’ho visto nella mia adolescenza che amavo mettermi la cravatta di papà,  indossare mimetiche quando non andavano di moda, ma nessuno avrebbe mai pensato che fossi trans,  o che peggio i miei figli fossero trans.

Oggi una bambina o una ragazza che nel delicatissimo  percorso di costruzione identitaria  percepisce  attrazione per un’altra ragazza , non è più definita lesbica, ma trans, cioè nata nel corpo sbagliato e quindi deve ripensarsi come maschio. Quando è semplicemente femmina e sta cercando solo di indagare le sue pulsioni.

Quella ragazzina è “normalmente” confusa come lo sono tantissime come lei nell’età adolescenziale , ma sempre studi accreditati che si trovano a quintali in rete, spiegano che tutto questo nel 70% dei casi rientra naturalmente, con la maggiore età.

Il problema nasce da un contagio sociale prima, fomentato da guru di turno on line, luogo per i giovani di informazioni quotidiane, dove ti raccontano quanto sia bello ed eccitante fare la transizione, prendere ormoni e affrontare mastectomie bilaterali, e poi tutta una propaganda, soprattutto in centri di riassegnazione sessuale dove oltre a dare consigli su come assecondare certe fantasie, c’è anche la fatidica frase finale dove si paventa  al genitore l’ipotesi del suicidio.

Lì quei genitori disperati, ovviamente acconsentono a tutto pur di scampare giustamente un pericolo simile.

Racconta una mamma in una lettera che ha scritto alla nostra Associazione:

” È stata spinta a fare la transizione sociale, a presentarsi col nome maschile ovunque, a comprare abiti e biancheria nel reparto maschile, ad usare i bagni pubblici degli uomini, a comprare schiuma e lametta per farsi la barba! La motivazione?

Il centro che la seguiva diceva che se non  provava come avrebbe  saputo se era davvero questo, quello che voleva?

Eppure non sono riuscita a fare a meno  di notare questa cosa singolare, dire ad una ragazza che ha traumi da elaborare, che è in un periodo psicologico difficile, e poi far credere che  una persona così confusa e fragile che possa sapere davvero cosa vuole, sembra proprio una colossale contraddizione. Ma lei vuole stare bene! Farebbe qualunque cosa pur di stare bene!”.

Ecco cosa accade a tante mamme confuse e disorientate…assistono a scenari surreali come questo.

Le ragazze seguono una sorta di  checklist ce l’hanno raccontato diverse mamme di ragazzine che si definiscono trans, inizia tutto con taglio di capelli , abiti larghi maschili, binder comprato di nascosto per schiacciare il seno, mutande da uomo , e  amici online che approvano e celebrano ogni passo come liberatorio.

Passi successivi sono i famosi medicinali che bloccano il ciclo, un farmaco che solitamente viene prescritto per trattare i tumori o la pubertà precoce. Terapie da fare per poi iniziare eventualmente il Testosterone dopo 3/4 mesi.

Ecco immaginate in che jungla entrano i genitori di tantissimi bambini normalmente confusi se vivono in bilico i tanti snodi della loro crescita.

Capiamo anche a livello economico che indotto sterminato ci sia dietro questo mercato ?

Perché il punto è smascherare i macro interessi economici che stanno dietro a tutto questo ingranaggio, dove le vittime sono solo bambini e ragazzini con genitori disperati.

Allora quale sarebbe la soluzione a questo disagio che collega la crescita dolorosa di tanti ragazzini?

Una cura professionalmente attenta, puntuale nel riconoscere segnali e interrogativi importanti,  dando spazio di ascolto e di vera accoglienza umana, empatica , affettiva.

Centri dove non sia contemplato l’uso di farmaci bloccanti la pubertà,  che ricordo vengono somministrati a bambini oncologici …cioè malati. Non si può medicalizzare un bambino sano, un  disorientamento temporaneo o persistente , senza aver a lungo accompagnato con l’ausilio di esperti seri del settore, un segmento di fragilità.

A questo proposito segnaliamo un luogo sicuro,  dove questo approccio di cura, sostegno e ascolto, è garantito senza l’uso di farmaci invasivi, ed è Roma presso l’ospedale Agostino Gemelli, facendo riferimento al responsabile del centro per la disforia di genere , dott Tonioni . L ‘ambulatorio multidisciplinare aperto nello scorso  mese di Aprile, segue giovani con disagi identitari.

Noi abbiamo seguito personalmente i primi passi della nascita di questo spazio, e abbiamo voluto intervistare il responsabile per rassicurare i tantissimi genitori che chiedevano aiuto, garantendo che l’approccio usato è di solo ascolto, sostegno e accompagnamento..

Condividiamo i contatti necessari per prendere un appuntamento su Roma e anche a Milano.

Ambulatorio multidisciplinare per la disforia di genere. Roma daniela.pirastru@policlinicogemelli.it 06 30154122  e  Milano Dott Matteo Lancini Associazione Minotauro  consultazione.psicoterapia@minotauro.it 02 29524587

La grande battaglia di resistenza al pensiero unico, non sono solo le crociate , se pur legittime, ma il continuo  esercizio del pensiero e della critica approfondita.

Solo questo ci renderà liberi, liberando altri dal falso concetto di inclusione che con questi presupposti,  non mira ad altro che a recluderci .

Roma 26 settembre 2024
Associazione ‘Non si tocca la famiglia”
  Il Presidente –  Giusy D’Amico

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *