Attenzione ai nuovi controlli dell’Agenzia delle entrate. Un’azienda o un lavoratore autonomo devono fare attenzione a versamenti e prelievi, perché possono incidere sul reddito
A dirlo è stata la Corte di Cassazione in due recenti ordinanze, la numero 21220 e la numero 21214, dove si è tornati a parlare del principio della cosiddetta presunzione bancaria, sancita dall’articolo 32 del decreto del presidente della Repubblica sulle “disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”. In parole povere, con la presunzione bancaria l’Agenzia delle entrate può controllare prelievi e versamenti sul conto corrente. E verificare che non incidano sul reddito. Si tratta di due ordinanze importanti, perché valgono non solo per i redditi d’impresa, ma anche per quelli da lavoro autonomo. Andiamo con ordine.
La sentenza della Corte costituzionale
Sul tema in questione si era espressa anche la Corte costituzionale con la sentenza numero 228/2014, attraverso la quale era stato sostanzialmente ritenuto illegittimo l’articolo di legge connesso con la presunzione bancaria, arrivando anche ad eliminare dal testo il termine “compensi”. La sentenza della Corte costituzionale, però, ha anche dichiarato che “le presunzioni legali in esame non potessero essere completamente inapplicabili alle indagini finanziarie insistenti sui percettori di reddito da lavoro autonomo”. Cosa significa in termini pratici? I giudici si erano espressi unicamente sulla non applicabilità della presunzione bancaria ai soli prelievi effettuati dal conto corrente. Completamente ignorati, invece, i versamenti.
A questo proposito va ricordato come nella prassi giurisprudenziale siano presenti due differenti presunzioni per l’articolo 32:
– la prima riguarda i versamenti sottoposti agli accertamenti fiscali e per i quali il contribuente deve dimostrare di averli considerati ai fini del reddito imponibile. In caso contrario, invece, va dimostrata la ragione per la quale non abbiano rilevanza tributaria;
– la seconda, invece, riguarda i prelievi, che non devono essere considerati dei ricavi nel caso in cui il contribuente non indichi il soggetto beneficiario, oppure se non risultino dalle scritture contabili.
Sulla base di queste interpretazioni, che evidenziavano l’illegittimità della norma in questione, un contribuente ha deciso di ricorrere in Cassazione, ritenendo che gli avvisi di accertamento oggetto delle due ordinanze di luglio fossero totalmente e completamente illegittimi. I giudici, però, stavolta hanno dato un’interpretazione diversa e hanno sottolineato come non sia cambiato nulla in merito alla presunzione bancaria. Questo significa che i versamenti effettuati in conto corrente da parte di un professionista o di un lavoratore autonomo debbano essere considerati in tutto e per tutto nella quantificazione del reddito. Il contribuente, inoltre, deve fornire eventuali prove contrarie alla relativa presunzione bancaria.
Cosa significa: attenzione a versamenti e prelievi dal conto
E dunque alla fin fine cosa comporta questa decisione dei giudici? Significa che il conto corrente, oltre ad essere un valido alleato del contribuente, lo è anche dell’Agenzia delle entrate, che può utilizzarlo per verificare il reale reddito di un’impresa, di un lavoratore autonomo o di un libero professionista. A finire sotto i riflettori, quindi, non ci sono solo i versamenti, che devono sempre corrispondere ad una fattura, ad uno scontrino o qualsiasi altro documento contabile, ma anche i prelievi, che possono costituire un elemento per dimostrare che le scritture contabili e la documentazione contabile del contribuente non sono attendibili.
I prelievi effettuati da un conto corrente, anche quando sono eseguiti da un professionista o da un lavoratore autonomo, danno origine alla presunzione bancaria: possono essere utilizzati per delle operazioni in contanti che potrebbero permettere la produzione di reddito. In altre parole, laddove è possibile è sempre meglio effettuare i pagamenti con carta di credito, bancomat o bonifico. Attenzione quindi a tutte le operazioni effettuate in un conto corrente, che possono sempre finire sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle entrate.
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