La vicina di Moussa Sangare: “Ero disperata, ha incendiato la casa”

la vicina di Moussa Sangare

Moussa Sangare, le minacce alla famiglia, le escandescenze, gli incendi: l’omicidio si poteva evitare?

Secondo il legale della famiglia dell’assassino di Sharon Verzeni “Forse serviva un Tso”. Il giovane aveva incendiato la casa un anno fa, tre le denunce presentate dai familiari, l’ultima per maltrattamenti.
La vicina di Moussa Sangare lo aveva segnalato più volte: “Ero disperata, ha incendiato la casa”.
Il 31enne, dopo aver cercato la via del successo con la musica, ora viveva allo sbando dormendo in terra in un locale occupato abusivamente

Ora che si è scoperto tutto, cominciano a sorgere i dubbi sull’omicidio di Sharon Verzeni: la “casualità” dell’aggressione, la sagoma di cartone dove Moussa lanciva i coltelli in casa, i tanti dettagli che fanno pensare che forse, i segnali di un qualche avvenimento comunque grave che stava per avvenire, potevano essere colti, e forse anche qualcosa di più. Sarà la magistratura, ad – eventualmente – appurare se ci siano state “mancanze”, assenze di interventi in momenti col senno di poi decisivi, per evitare una tragedia. Si poteva evitare l’omicidio?

Il giovane aveva incendiato la casa un anno fa, tre le denunce presentate dalle familiari, l’ultima per maltrattamenti.
E poi, le “escandescenze”, i comportamenti non certo lineari di Moussa Sangare, che facevano il paio con le condizioni della sua abitazione (assenti luce ed elettricità), con le segnalazioni della vicina di casa, allarmata dalla sua presenza.

Sul suo stato di salute mentale saranno le perizie a definirne contorni e effettiva fondatezza, ma certo qualcosa, a Suisio, non ha funzionato.

Uscito in bicicletta, con i coltelli, di notte, e giunto a Terno d’Isola mentre Sharon “guardava le stelle” (l’agghiacciante racconto dell’assassino agli investigatori), con le cuffie sulla testa ad ascoltare della musica. E poi, l’aggressione dicendole – ha continuato Moussa nel suo racconto – anche “Scusa”. Ma in realtà, senza una ragione, un motivo, un movente.

Momenti terribili, come quelli di un mese di inchiesta dove tutta la famiglia di Sharon oltre al dolore per la perdita, ha dovuto tollerare a volte vere e proprie insinuazioni, elucubrazioni sul carattere e le abitudini (la persona) della figlia, e che la verità emersa dall’individuazione del reo confesso dell’omicidio, Moussa Sangare, non ha il potere di lenire un dolore che proprio nell’assurdità del gesto, senza motivazioni, rimane forse quasi impossibile da allontanare.
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