Bruciata la bandiera di Coldiretti. Il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida convoca tavolo. Che fine fanno i ricavi degli agricoltori? Due terzi del guadagno alla GDO (grande distribuzione organizzata). Ma con il doppio prezzo…
di Antonio Amorosi – www.affaritaliani.it – “Posso anche immolarmi alla causa con un’azione di disobbedienza civile eclatante alla José Bové”, (l’agricoltore francese che con 300 sostenitori distrusse un McDonald in costruzione a Millau, per protestare contro la globalizzazione e l’ingerenza delle multinazionali che causano i prezzi da fame dell’agricoltura e la perdita della sovranità alimentare, ndr)”, racconta ad Affaritaliani Andrea Busetto Vicari, agricoltore di Pesaro e dell’associazione LiberiAgricoltori che ha indetto un sit in nelle sua città il 6 febbraio alle 11.
“Siamo allo stremo delle forze”, spiega, “io mi farò il carcere, ma bisogna che questa volta le manifestazioni siano serie. Non mi frega niente di bruciare due bandiere di Coldiretti, urlare la nostra rabbia e non cambiare nulla. Non avremo mai più una occasione come questa”. E si rivolge agli agricoltori: “Dovrete portare alle manifestazioni le vostre produzioni, da regalare o distruggere pubblicamente, tanto per quello che ce le pagano… Se invece siete soddisfatti della Pac (i vincoli dell’Unione Europea, ndr), della Regione, di Lollobrigida, del futuro dei vostri figli, state a casa”.
“Se vogliamo bloccare qualcosa o qualcuno”, scrive il vicepresidente di LiberiAgricoltori Furio Venarucci, facendo capire che non serve bloccare le strade in modo indiscriminato, “andiamo sotto i palazzi del potere, sotto le case dei politici e dei sindacalisti, sotto gli uffici della Coldiretti o gli uffici degli industriali che ci hanno affamato”.
In questo ore il mondo degli agricoltori è un fiume in piena
Un caso su tutti quelli grossetani che, a differenza di altri gruppi di manifestanti, non hanno ottenuto il permesso dal Questore di far arrivare il corteo dentro Grosseto e allora hanno girato i trattori e sono andati a protestare direttamente sulla via Aurelia.
Il 30 gennaio si è manifestato principalmente in 14 piazze, in cinque regioni: Lombardia, Toscana, Umbria, Lazio e Sardegna. A Viterbo è stata strappata e incendiata una bandiera di Coldiretti per l’ennesima volta. I trattori sardi hanno convogliato le proteste verso il porto di Cagliari. Ma la stessa musica si è sentita in Lombardia a Brescia, Bergamo, in Valtellina, Mantova, Melegnano, e Voghera. La maggior parte dei frutti del lavoro agricolo è sottopagato, i ricavi sono abbondantemente inferiori ai costi di produzione, accade da decenni. Gli agricoltori non vogliono contributi ma essere pagati al giusto prezzo.
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida esprime solidarietà a Coldiretti e convoca un tavolo politico per parlare con i manifestanti: “Siamo dalla vostra parte, ma no alle violenze”.
Carmela Cammarano, presidente della cooperativa Agrimolina di Roccadaspide (Salerno) spiega ad Affaritaliani: “Bisognava muoversi prima sui contributi della UE, ai terreni, alle misure come il biologico, sulle compensazioni produttive, la famosa Pac, ma non c’è solo quella. Il nostro settore è davvero in condizioni pessime perché è diventato un coacervo di assurdità. Tra i tanti, un problema enorme è la manodopera. Ma ogni anno si aprono i flussi migratori con i click day, senza andare ad appurare a chi serva davvero la manodopera, che però arriva in base all’utile dell’azienda. Ma se ogni anno faccio delle culture diverse ed integro il mio piano culturale, come faccio a basarmi sul reddito utile dell’anno precedente? Non si sa”
Marco Oreggia inventore della guida internazionale Flos Olei Ad Affari: “Ci dovrebbe essere l’obbligo di doppio prezzo, dove sulle confezioni c’è quanto viene pagato il bene al produttore-agricoltore e quello di vendita ai consumatori. Perché i due terzi del guadagno è della Gdo. L’agricoltore si carica un rischio d’impresa che non paga nessuno”
Come mai accade?
Oreggia: “Ci sono vari ordini di problemi. Tra questi le politiche della UE. Capisco tutte le questioni ecologiche, figuriamoci, ma se tolgo all’agricoltura tutte le protezioni, ho dei produttori totalmente in ginocchio. Un altro, prettamente nostro, è che la Gdo italiana è abbastanza arcaica e basa tutto sui volumi. Da una parte c’è un spreco di tonnellate di alimenti e dall’altra un livello che non valorizza la qualità ma mira verso il basso. C’è proprio bisogno di avere la bella mela fresca sullo scaffale tutti i giorni e poi dietro ne butto migliaia con gente che si muore pure di fame?”
Riccardo Scarpellini di FJT Italia (F.J. Tytherleigh Italia S.p.A.), società che si occupa a livello internazionale di fornire i prodotti italiani nel mondo, servizi di approvvigionamento, controllo qualità servizi di logistica e packaging, premiato alla Fiera Marca di Bologna con il progetto Frantoiani Coraggiosi : “Il problema è culturale. Consumiamo troppo e male. Abbiamo sovrapposto alla nostra qualità, di un Paese unico al mondo per biodiversità, il modello della produzione industriale e questo peggiora la vita così come la produzione. Andrebbe costruita una cultura del nostro valore alimentare dalle scuole”
Per fare questo però ci vuole tempo. Sul breve, cosa dovrebbero fare i legislatori per gli agricoltori che protestano e si vedono alle strette?
Scarpellini ad Affari: “A mio parere andrebbe fatto un piano sui costi delle materie prime e dell’energia, un piano a breve, medio e lungo termine, in modo da permettere un rientro, cioè la possibilità di produrre ancora la nostra agricoltura. Ma ci vuole un ripensamento culturale profondo”.
Domenico Catapano della cooperativa Finagricola di Battipaglia (Salerno) nella piana del Sele: “Noi stiamo puntando tutto su fare rete e unione tra i produttori-agricoltori. Non c’è altra via per creare qualità e contenere i costi. In questo modo anche se ci sono stati aumenti delle materie prime non abbiamo alzato i nostri prezzi”.