Fine vita, Bigon: “Punita dal Pd per le mie idee”

Elly Schlein

“Ma dove vogliamo arrivare? Non c’è disciplina politica che tenga. La sensazione è che si sia voluto colpire uno, per educarne cento”

“Per senso di responsabilità e per non acuire le polemiche interne, prendo atto della revoca – da vice segretaria Pd a Verona – e continuerò a lavorare nel Partito Democratico, il luogo dove deve essere garantito il pluralismo delle diverse sensibilità. Un arricchimento insostituibile della vita del Partito”. Lo afferma in una nota la consigliera regionale dem Annamaria Bigon, al centro delle polemiche dopo l’astesione nel voto alla legge sul fine vita (in dissenso con il gruppo) che ha contribuito ad affossare la normativa.

“Continuo ad avere fiducia nel confronto e nel dialogo – aggiunge – Rivendico il diritto alla coerenza della scelta fatta che era legata alla disponibilità o meno, per tutti, delle cure palliative. Un malato terminale può e deve essere preso in carico e accompagnato al compimento della propria esistenza, lasciando a lui la libera scelta delle cure palliative. La presa in cura è fondamentale e la Regione deve farsene carico”.

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Ma in un colloquio con il Foglio aggiunge qualche elemento critico verso il Pd. “Prendo atto di quello che ha deciso il mio partito, ma non credo che la scelta del segretario provinciale abbia una giustificazione. Questa decisione è arrivata dopo il mio voto in Consiglio regionale, è chiaro che si tratta di una punizione”. A domanda del Foglio se crede davvero che sia avvenuto tutto a livello locale, lei dice di non saperlo. “Io sono iscritta al Pd perché il pluralismo e la libertà di coscienza sono sanciti dallo statuto, e non possono essere messi in discussione”. Ma spiega anche che “Schlein non mi ha chiamata. Ma io resto a disposizione per spiegare le mie ragioni, di cui sono convinta”.

Sempre su Il Foglio si trova la dura critica di Pierluigi Castagnetti, ex deputato e segretario dei Popolari, tra i fondatori dem: “Così mettono in discussione l’intera architrave del partito. Ma dove vogliamo arrivare? Non c’è disciplina politica che tenga. La sensazione è che si sia voluto colpire uno, per educarne cento. Il Pd è un bene comune. Questa segreteria spesso lo dimentica”. (www.affaritaliani.it)