di Andrea Zambrano per https://lanuovabq.it – Durante la campagna vaccinale Aifa non aveva i documenti sull’efficacia dei vaccini. Non c’è solo il pesante sospetto che l’ente nazionale del farmaco abbia taciuto gli eventi avversi che arrivavano dai centri vaccinali e che è alla base dell’inchiesta sugli Aifa leaks della Procura di Roma. L’organismo di regolamentazione non aveva nemmeno a disposizione la documentazione basilare che avrebbe dovuto comprovare che i vaccini fermassero il virus, il rapporto rischi benefici e l’efficacia degli stessi.
Eppure, questi tre corollari sono stati profusi come un mantra nel corso della campagna vaccinale come dati indiscutibili. Invece Aifa non aveva niente sottomano che giustificasse il trionfalismo sul vaccino, per il semplice motivo che queste informazioni sono (asseritamente) in possesso di Ema e dunque Aifa non può esibirla oggi in un contraddittorio a riprova della correttezza delle sue azioni.
La vicenda kafkiana arriva da un tribunale italiano, precisamente il Tar del Lazio, che ha rigettato un ricorso di un gruppo di sanitari, sospesi e non, e di danneggiati. E alla base della motivazione di rigetto, inoppugnabile tanto che i ricorrenti non intendono nemmeno fare appello, è che la documentazione non è disponibile per il semplice motivo che sarebbe in Ema e dunque è all’ente europeo del farmaco che bisognerebbe chiedere.
Ma allora, sorge una domanda: se non era in possesso delle evidenze scientifiche sull’efficacia, sulla trasmissibilità e sul rapporto rischi-benefici, sulla base di che cosa ha autorizzato l’immissione in commercio dei vaccini anti covid? E sulla base di quale dato scientifico si è costruita la narrazione diventata virale durante la campagna vaccinale del non ti vaccini, ti ammali e muori? O dei rischi che superano nettamente i benefici?
Le domande sorgono spontanee leggendo la sentenza numero 01331/23 pronunciata l’11 luglio scorso dalla sezione Terza Quater del Tar del Lazio.
Opponenti un centinaio abbondante di sanitari, alcuni anche danneggiati da vaccino, che si sono rivolti all’avvocato italo-tedesco Francesco Golinelli per opporsi al diniego di Aifa alla loro domanda di accesso ad alcuni dati inerenti all’immissione in commercio dei vaccini anti covid. La domanda all’osso formulata dall’avvocato Golinelli assieme ad un team di legali e sviluppata sotto forma di 9 quesiti specifici era la seguente: «Dato che i provvedimenti di sospensione dal lavoro si diceva che erano motivati da evidenze scientifiche – spiega Golinelli alla Bussola – abbiamo chiesto ad Aifa di indicarci quali sarebbero queste evidenze che giustificavano il mantenimento in commercio dei vaccini. Ma non abbiamo ricevuto risposta, se non qualche generico riscontro senza alcun riferimento scientifico».
Così Golinelli col team di legali da lui approntato ed i suoi assistititi hanno presentato ricorso al Tar e il Tar ha emesso una sentenza che da un lato raffredda le loro aspirazioni a vedersi riconosciute le ragioni, ma dall’altro apre più di un inquietante interrogativo su come l’Aifa abbia gestito la campagna vaccinale con annessi e connessi di sicurezza e efficacia.
«Nel merito il ricorso è infondato», scrive la presidente della Corte Maria Cristina Quiligotti. Ma a sorprendere è il motivo per cui il ricorso è infondato. Semplice: perché quei dati richiesti, Aifa non li ha e non li ha mai avuti. Infatti, nella sentenza, la Corte rimarca proprio questo concetto: «Nel caso in esame – si legge nel dispositivo – l’Aifa ha dichiarato di non essere in possesso della documentazione richiesta dai punti 1 a 6, con la conseguenza che il ricorso deve essere respinto proprio alla luce della dichiarazione Aifa».
È così, avete capito bene: in pratica l’ente del farmaco ha dato tutti i via libera di legge per la somministrazione dei vaccini senza avere a disposizione studi, dati, comunicazioni proprie fatte sue che ne comprovassero l’efficacia e i rapporti rischi benefici, affidandosi completamente ai dati in possesso di Ema di cui Aifa non tiene evidentemente neanche una copia nei cassetti. Eppure, in tutte le circolari, comunicazioni, report che Aifa ha diramato durante questi due anni di campagna vaccinale ha sempre confermato tanto l’efficacia quanto i benefici dei vaccini. Solo che non ha niente sottomano per poterlo comprovare.
A riprova dell’importanza del fatto, c’è che Aifa si è costituita direttamente in giudizio e che il Tar non ha emesso una sentenza nel metodo, ossia solo in rito, come fa spesso, ma nel merito – prosegue alla Bussola Golinelli -. A questo punto è legittimo chiedersi: «In base a che cosa i cittadini sono stati chiusi dentro casa? E sulla base di quale evidenza scientifica i cittadini sono stati praticamente costretti a inocularsi il vaccino pena la perdita dei diritti civili?».
In effetti, se Aifa avesse almeno fornito dei dati provenienti da Ema, ma in suo possesso si sarebbe potuto almeno accusare l’ente del farmaco di non aver svolto indagini proprie, ma di essersi fidata dell’ente europeo di regolamentazione del farmaco. Eppure, Aifa non dipende da Ema, ma dal Ministero della Salute, è ad esso che deve rendere conto. Ma qui siamo di fronte al fatto che Aifa non avesse uno straccio di prova; quindi, si è fidata ciecamente di Ema, al buio, facendo soltanto da passacarte per la commercializzazione del farmaco.
Nel ricorso si chiedeva dunque conto di obbligare Aifa a fornire «i documenti della determina 154/2020», che giustificava l’immissione al commercio per il vaccino Pfizer (1); quelli della stessa determina per il vaccino Moderna (2); per Astrazeneca (3); e per Janssen (4). Al quesito 5 venivano richieste «le evidenze riguardanti l’efficacia del vaccino anti Covid-19 e la valutazione rischi/benefici per il mantenimento in commercio dei predetti farmaci»; infine, al quesito 6 l’avvocato Golinelli aveva richiesto «gli studi a sostegno del fatto che i vaccini impediscano la trasmissione del virus Sars-Cov-2».
La risposta del giudice è stata ineccepibile: «Il ricorso va respinto perché per queste domande Aifa ha dichiarato di non esserne in possesso perché fanno parte del dossier di autorizzazione depositato presso Ema» e il giudice, citando la giurisprudenza fa riferimento proprio al fatto che se per poterli fornire dovesse effettuare una richiesta di accesso agli atti (in questo caso all’Ema) sarebbe perché non sono nel suo possesso. Quindi non se ne fa nulla.
Viene dunque da chiedersi sulla base di quali studi Aifa abbia informato il ministero della Salute e quindi i governi Conte II e Draghi della bontà dell’operazione vaccini se nemmeno oggi, a un anno dalla fine della campagna vaccinale, è in possesso dei documenti che ne dovrebbero attestare l’efficacia. Eppure il via libera dell’Aifa doveva essere vincolante e decisivo per il nostro Paese.
Tanto più che i criteri che stabiliscono il corretto rapporto rischi/benefici, che non va inteso in senso collettivistico, ma personale, sono regolamentati da una legge che ovviamente non è stata tenuta in conto se si pensa che quei report nemmeno sono presenti negli uffici di Aifa.
La sentenza è molto simile a quella del dicembre 2022 nella quale sempre al Tar del Lazio Aifa ammetteva di non essere in possesso dei rapporti di sicurezza perché in possesso esclusivo dell’Ema. Dopo l’assenza di riscontri sulla sicurezza, ora sappiamo che non c’era nulla neppure sull’efficacia, che è il requisito fondamentale oltre alla sicurezza per cui un farmaco e un vaccino devono stare in piedi.
Resta infine da chiarire l’ultimo punto: se bisogna chiederli all’Ema, allora è in Europa che bisogna rivolgersi. «Una mia collega tedesca che ha fatto un ricorso simile – ha detto Golinelli -, ha ottenuto dall’ente europeo un rifiuto altrettanto kafkiano: i dati sono coperti dal segreto che scherma i contratti di acquisto, che l’Ue ha siglato con le singole case farmaceutiche». In poche parole: non possiamo saperlo. È tutto segreto. O forse – e questo è un sospetto legittimo – non c’è mai stato nulla di documentato.