Numerosi account Instagram pro-palestinesi sono stati bloccati da Meta per motivi di sicurezza. La decisione è solo l’ultimo capitolo di settimane molto tese tra l’azienda, proprietaria anche di Facebook, e varie pagine pro-Palestina che negli ultimi giorni hanno lamentato un’eccessiva e ingiustificata censura verso i propri post. Meta ha fatto sapere che “gli account sono stati inizialmente bloccati per motivi di sicurezza in seguito a segni di compromissione, e stiamo lavorando per contattare i proprietari per assicurarci che abbiano accesso”.
L’etichetta ‘terrorista’ comparsa su molti account
Nelle ultime settimane gli utenti di Instagram hanno accusato la piattaforma di aver censurato e messo al bando molti post a sostegno della Palestina, condividendo esempi di storie e reels con reportage da Gaza che ricevevano un numero significativamente inferiore di spettatori rispetto a video pro-Israele. La scorsa settimana, Instagram si era anche scusato per aver aggiunto la dicitura “terrorista” ad alcuni profili di utenti palestinesi. Il problema, che l’azienda ha attribuito ad un bug, è sorto quando molti utenti hanno lamentato la traduzione errata della parola “alhamdulillah” scritta in arabo, che significa “grazie a Dio” ma che il social traduceva in automatico in “terroristi”. La polemica è montata in fretta poiché molti attivisti e sostenitori del popolo palestinese avevano aggiunto la dicitura araba alla loro biografia. Il problema è stato risolto da Meta.
Chiusa pagina con video e testimonianze da Gaza
Una pagina Instagram con oltre 6 milioni di follower, @eye.on.palestine, non è più visibile da mercoledì sera. Anche il profilo di backup risulta non visualizzabile. La pagina pubblica regolarmente immagini e video da Gaza ed è una delle principali fonti social delle esperienze palestinesi. Non è la prima volta che @eye.on.palestine viene bloccata: già l’anno scorso la pagina era stata temporaneamente sospesa per “non aver rispettato” le linee guida della comunità.
Oltre 238 episodi di censura
Il gruppo di vigilanza sui social media 7amleh, che monitora i casi di silenziamento delle voci palestinesi, ha documentato più di 238 episodi di censura nelle ultime settimane. Il direttore di 7amleh, Nadim Nashif, ha rivelato di aver “scoperto un inquietante schema di messa a tacere delle voci palestinesi e della libera espressione, soprattutto sulle piattaforme di Meta. I contenuti palestinesi sono ingiustamente presi di mira, mentre i discorsi d’odio e l’incitamento contro i palestinesi sono largamente incontrollati. La censura è dilagante, con limitazioni di portata, rimozioni e restrizioni soffocanti per i media, i giornalisti e gli influencer, in particolare l’account Eye on Palestine. Questo giro di vite impedisce al mondo di sentire la verità dal territorio”. ADNKRONOS