Feti equiparati a sangue e cellule. La UE apre al commercio

embione

di Luca Volontè per https://lanuovabq.it  – Martedì 12 settembre, il Parlamento Europeo ha approvato in prima istanza nuove misure con cui si vorrebbero proteggere maggiormente i cittadini che donano sangue, tessuti o cellule o che vengono curati con queste sostanze umane. Di fatto però, ignorando gli allarmi di diverse organizzazioni di esperti e le preoccupazioni dei Vescovi europei, la proposta di regolamento approvata dall’ampia maggioranza che include socialisti, popolari, sinistre, verdi e liberali, calpesta la dignità umana, autorizza l’apertura del libero mercato di embrioni, feti e gameti umani e delle conseguenti sperimentazioni e selezioni eugenetiche.

La proposta di regolamento relativo agli “Standard di qualità e sicurezza per le sostanze di origine umana destinate all’applicazione sugli esseri umani” (o regolamento SoHO), che mira a condividere cellule, sangue e tessuti umani all’interno degli Stati membri in maniera armonizzata e standardizzata, è stata adottata il 12 settembre con 483 voti a favore, 89 astensioni e 52 voti contrari. Molti deputati hanno insistito sul fatto che le donazioni di queste “sostanze” devono sempre essere volontarie e non retribuite e che i donatori possono ricevere solo un compenso o un rimborso per le perdite o le spese sostenute.

Siamo di fronte all’ipocrisia più sfacciata che si possa immaginare, perché di fatto si apre alla mercificazione dell’umanità. Infatti, per garantire che l’Unione Europea abbia una propria fornitura indipendente di queste sostanze, come si chiarisce anche nella scheda del provvedimento approvato, «gli eurodeputati chiedono una strategia UE coordinata dalla Commissione per assicurarne la disponibilità, un elenco europeo di sostanze di origine umana destinate all’applicazione umana o di origine umana (SoHO) carenti e anche l’istituzione di piani nazionali di emergenza e di continuità delle forniture».

Le misure si applicano alle sostanze – come il sangue e i suoi componenti (globuli rossi e bianchi, plasma), i tessuti e le cellule – utilizzate per trasfusioni, terapie, trapianti o riproduzione medicalmente assistita, cioè fecondazione artificiale. Con il pretesto di creare un ambiente efficiente e sicuro per le trasfusioni di sangue e i trapianti di organi in tutta l’Unione, la relatrice del PPE, Nathalie Colin-Oesterlé, ha ricordato che il suo partito «riconosce e sostiene l’esistenza di un mercato europeo della fertilità per giustificare gli scambi transfrontalieri di gameti, embrioni e feti in caso di carenza in uno Stato membro». Peggio ancora, l’emendamento del PPE n. 241 sul compenso ai donatori di tali gameti, embrioni o feti è stato ampiamente adottato, creando così un pericoloso precedente sulla vendita di parti del corpo. Gli emendamenti n. 242 e n. 243 (dei gruppi Identità e Democrazia e dei Conservatori e Riformisti Europei), che miravano invece a richiamare il quadro legislativo ed etico entro il quale l’UE dovrebbe operare, sono stati clamorosamente respinti.

Il testo approvato rappresenta un grande passo verso il riconoscimento di un mercato della fertilità, come socialisti, sinistre, verdi e liberali, oltre alla maggioranza del PPE e a molteplici lobby, volevano. Poiché embrioni e feti sono inclusi nelle categorie di tessuti e cellule, ciò aprirà alla legalizzazione del mercato di vite umane in Europa. Gli embrioni e i feti sono infatti vita umana: includerli nel generico e ampio elenco delle «sostanze di origine umana» (SoHO, nell’acronimo inglese) e come «prole non nata», non solo li riduce a comuni cellule, ma apre anche pericolose porte al loro utilizzo per scopi eugenetici o di ricerca o industriali, contro il rispetto della dignità umana.

Si apre così al mercato in cui embrioni e feti viaggiano attraverso l’Unione Europea per essere «donati con compensazione», di fatto venduti al miglior offerente. Certo, gli Stati membri rimangono responsabili delle decisioni in merito alle questioni etiche, come la fecondazione in vitro, ma allo stesso tempo, affidando alla Commissione la responsabilità dell’attuazione del regolamento, c’è il pericolo reale che Bruxelles aggiri i divieti delle legislazioni dei singoli Paesi.

Il progetto di regolamento era stato presentato dalla Commissione il 14 luglio 2022, con l’intento di abrogare le passate direttive sul sangue, i tessuti e le cellule, alla luce dei nuovi sviluppi scientifici, tecnici e sociali. Le modifiche approvate dal Parlamento martedì potranno essere ulteriormente stravolte, magari in positivo, fin dai prossimi mesi, quando inizieranno i cosiddetti trialoghi tra Commissione, Parlamento e Consiglio per arrivare a un unico testo. Il testo finale, speriamo dopo le prossime elezioni con un nuovo Parlamento e una nuova Commissione, una volta definito, dovrà essere comunque riapprovato dal Parlamento senza alcuna modifica per entrare in vigore. Dunque, c’è speranza che diversi Paesi, tra cui auspicabilmente l’Italia, l’Ungheria e la Polonia con queste ultime che presiederanno il Consiglio rispettivamente nel secondo semestre del 2024 e nel primo del 2025, possano contribuire a bocciare le gravissime modifiche del Parlamento.

La Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea (Comece) e il Commissariato dei Vescovi Tedeschi – Ufficio Cattolico in Berlino, il 12 settembre, avevano messo in guardia dai pericoli legati alla proposta di regolamento, poi approvata, insistendo sulla «necessità di distinguere tra cellule germinali non fecondate, da un lato, ed embrioni e feti, dall’altro» e sui possibili pericoli di «selezione eugenetica».

Il presidente della Federazione delle associazioni familiari cattoliche in Europa (FAFCE), Vincenzo Bassi, preoccupato per i rilievi eugenetici del provvedimento approvato, si augura che vi sia un sussulto di saggezza nel rispetto del «valore intrinseco» e della «dignità della vita umana e della procreazione umana». Bassi promette impegno a tutti i livelli per rimediare alle derive del regolamento proposto, così come il think tank di esperti europei NBIC Ethics di Laetitia Pouliquen.