(www.lindipendente.online) – All’Agenzia Italiana del Farmaco è in corso un vero e proprio terremoto. Nel giro di pochi giorni si sono susseguite le dimissioni di numerosi tecnici ed esperti esterni. A fare da sfondo, i ripetuti ed apparentemente inspiegabili ostacoli alla collaborazione della squadra di oncologi che avrebbe dovuto fornire un parere indipendente sui nuovi farmaci per la lotta al cancro in vista dell’autorizzazione al commercio e gli effetti potenzialmente deleteri della riforma del governo Meloni sull’architettura dell’Agenzia. Nel frattempo, in seguito all’introduzione della “Procedura semplificata” dell’ottobre 2020, sull’onda del meccanismo di accelerazione dei processi decisionali, Aifa ha reso noto di aver dimezzato i tempi medi di approvazione dei farmaci generici e biosimilari.
I primi a dimettersi, in blocco, sono stati gli oncologi nominati nel gruppo di lavoro istituito dall’Agenzia sulle terapie anti-tumorali. Le motivazioni dell’addio, avvenuto giovedì scorsio, sono state diramate dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), che in una nota ha spiegato che i professionisti “si sono visti costretti a rassegnare le dimissioni a causa della perdurante e non spiegata impossibilità a riunirsi per fornire la collaborazione prevista” sull’efficacia dei farmaci e delle terapie in fase di approvazione. “Aifa riveda il suo modus operandi”, ha dichiarato, senza mezzi termini, l’associazione, ringraziando gli oncologi che si erano dichiarati disponibili a far parte del gruppo di lavoro. A sole 48 ore di distanza, sabato scorso, ad abbandonare l’Agenzia è stato anche Antonio Addis, componente della Commissione Tecnico-Scientifica. Quest’ultimo, al contrario dei colleghi, non ha motivato la sua decisione. Sembra essere molto vicina a lasciare anche Anna Maria Marata, membro della Commissione e già coordinatrice della Commissione regionale del farmaco dell’Emilia-Romagna.
Gran parte dei malumori si sono scatenati dopo l’avvio del governo alla riforma dell’Aifa, che dovrebbe essere operativa nei prossimi mesi e che, secondo molti, pregiudicherà i meccanismi di indipendenza dell’Agenzia. Ad oggi, essa trova garanzie nel ruolo ricoperto dal direttore generale, che ne assicura l’autonomia tecnico-scientifica, nel sistema in raccordo con regioni e province autonome incarnato dal presidente del consiglio di amministrazione e nell’attività della Commissione tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborsi, chiamati a operare un bilanciamento funzionale tra necessità economiche e sanitarie. Ora questo impianto rischia di essere demolito dalla nuova riforma, che prevede la cancellazione della figura del direttore generale e l’accorpamento dei due organi in una sola Commissione scientifica ed economica, composta soltanto da dieci membri (oggi la Commissione e il Comitato ne contano dieci ciascuno). Essa dovrà valutare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci insieme alla negoziazione con l’industria.
Il potere sarà dunque accentrato nelle mani del Presidente del Consiglio di Amministrazione, che viene designato dal Ministro della Salute d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Oggi la carica è ricoperta da Giorgio Palù, nominato nel 2022 e considerato vicino alla Lega. Il rischio evidente consiste dunque nel fatto che, cadendo i molti contrappesi ad oggi esistenti, la longa manus del governo possa pressare in maniera molto invasiva sulle attività dell’Agenzia. A questo proposito, un importante scontro si è già verificato sulla questione della gratuità dei contraccettivi: la Commissione tecnico scientifica e il Comitato prezzi e rimborso avevano dato parere positivo in aprile; a maggio, però, il Cda non aveva ratificato la valutazione degli esperti, cedendo invece al volere della maggioranza, che la giudicava in aperto contrasto con le politiche sulla natalità dell’Esecutivo. Al fine di allungare i tempi, il Cda ha dunque chiesto ai due organi nuova attività istruttoria, ma essi sono prossimi alla scadenza e difficilmente riusciranno a ultimare i lavori.
Le modifiche adottate dal governo sarebbero motivate dalla presunta lentezza nelle procedure di approvazione dei farmaci da parte di Aifa. In realtà, il tasso di disponibilità italiano (quantificato sul numero totale dei farmaci innovativi per i quali è stato ottenuto l’accesso al rimborso) è del 79%: meglio di noi fanno solo Germania e Danimarca. Addirittura, se si restringe il campo ai farmaci oncologici, si arriva al 90%. Ad ogni modo, l’ipotesi pare essere confermata dai dati diffusi negli scorsi giorni dalla stessa AIFA, che in un report ha reso noto come, negli ultimi due anni, la rapidità degli iter di approvazione dei farmaci sia notevolmente aumentata. Dopo l’introduzione, nell’ottobre 2020, della “Procedura semplificata di prezzo e rimborso per i farmaci equivalenti/biosimilari” da parte dell’Agenzia, si è infatti verificato un aumento del 32% del numero di procedure presentate rispetto al 2020 e un dimezzamento dei tempi medi di approvazione. Nel corso del 2020 sono state valutate 194 procedure in 119 giorni mediani; nel 2022, invece, sono state valutate 257 procedure in 60 giorni mediani. La procedura semplificata, rispetto a quella ordinaria, continua ad essere la modalità preferita dalle aziende farmaceutiche: l’85% delle procedure concernenti i farmaci generici sono state così condotte, con una progressiva riduzione dei tempi (56 giorni mediani di approvazione nel 2022 rispetto ai 92 giorni mediani del 2021). Insomma, la riforma ancora non c’è, ma tutto sembra allinearsi verso la medesima direzione.
[di Stefano Baudino]