Pensioni degli eurodeputati, buco da 300 milioni (che potremmo dover pagare noi)

parlamento UE

(https://europa.today.it) – Il fondo pensionistico per gli ex eurodeputati si sta esaurendo e l’Unione europea rischia di dover prendere i soldi dal proprio bilancio, finanziato dai contribuenti, per pagare gli assegni dovuti. Per coprire il deficit, di oltre 300 milioni di euro, potrebbero servire più di 23 milioni all’anno che potrebbero essere presi dal bilancio comunitario, finanziato con i soldi dei contribuenti Ue. Anche per questo il Parlamento di Straburgo sta valutando altre opzioni come la modifica dei requisiti per accedere ai benefici pensionistici.

Il Parlamento ha istituito un regime pensionistico complementare nel 1990, e lo ha tenuto in funzione per 30 anni fino a quando non è stato chiuso ai nuovi iscritti nel 2009, quando è entrato in vigore un regime pensionistico unificato. A causa, in parte, dell’interruzione dei contributi dei legislatori 14 anni fa, il fondo, che continua a pagare assegni a centinaia di ex politici, si trova ora in condizioni disastrose, scrive Politico. Il deficit, di circa 308 milioni di euro, potrà essere difficilmente colmato, con previsioni di esaurimento del fondo già nel 2024.

Il fondo, i cui investimenti sono gestiti da una società con sede in Lussemburgo, dispone attualmente solo di circa 55 dei 363 milioni di euro che si prevede dovranno essere versati oltre il 2074. “A causa della cessazione dei pagamenti dei contributi da parte dei deputati e del Parlamento, dei rendimenti insufficienti degli investimenti e delle successive crisi finanziarie, dal 2009 la situazione del fondo si è rapidamente deteriorata”, si legge in una nota del segretario generale Alessandro Chiocchetti.

“Il fondo esaurirà presto il suo capitale”, ha scritto Chiocchetti nel documento visionato da Politico, mentre c’è ancora incertezza sul da farsi. Sarebbero tre le potenziali opzioni, dove la prima prevede di non fare nulla e lasciare che il fondo fallisca, sottintendendo che il Parlamento (e i contribuenti) dovranno “molto probabilmente” farsi carico degli obblighi pensionistici. La seconda opzione sarebbe quella di liquidare il fondo e poi offrire una grossa somma forfettaria ai beneficiari. Infine, si potrebbe evitare il disastro apportando una serie di modifiche come, ad esempio, innalzare l’età pensionabile o semplicemente ridurre l’importo che i beneficiari ricevono.

“Penso che non si debba più sprecare denaro dei contribuenti per una struttura che, onestamente, è impostata un po’ come uno schema Ponzi”, ha dichiarato Daniel Freund, eurodeputato tedesco dei Verdi. Gli schemi Ponzi (dal nome dell’ideatore) alludono ad un modello economico che promette grandi guadagni ai primi investitori a discapito di quelli che entrano in un secondo momento, creando quindi una forma di investimento fraudolento che può sopravvivere solo grazie all’ingresso di nuovi membri.

Stephen Hughes, presidente del fondo, ha detto che il Parlamento dovrebbe onorare il suo impegno a pagare i pensionati. “Il Parlamento è entrato in questa situazione con gli occhi ben aperti”, ha ribadito Hughes. “Quei membri hanno prestato anni di fedele servizio e ora si sentono offesi per come vengono trattati”, ha poi aggiunto.

Più a lungo una persona ha prestato servizio come parlamentare, più alto è il suo diritto alla pensione: secondo i dati, 914 persone (la maggior parte delle quali ex deputati o loro familiari superstiti) ricevono attualmente una media di 2.206 euro al mese. Il Parlamento ha combattuto diverse battaglie legali contro i beneficiari del fondo, riuscendo ad esempio ad ottenere l’innalzamento dell’età pensionabile (ora 63 anni). Dopo i ricorsi presentati dai rappresentanti del fondo, a marzo la Corte di giustizia dell’Unione europea ha emesso una sentenza definitiva che dà ragione al Parlamento e conferma che l’Ufficio di presidenza ha il diritto legale di ridurre i diritti in modo proporzionale.

Lara Wolters, europarlamentare olandese del gruppo dei Socialisti e Democratici, ha sostenuto che “qualsiasi strada da percorrere non dovrebbe avere un costo per i contribuenti europei”. Anche se “il Parlamento potrebbe essere obbligato a mantenere ‘in vita’ questo Fondo, non è legalmente obbligato a garantire gli attuali livelli di pagamento