(www.ilgiornale.it) -Pasquale Tridico, presidente (uscente) dell’Inps, parlando con La Stampa entra nell’annoso dibattito su migranti e pensioni ammonendo: “Senza i migranti tra vent’anni i conti Inps saranno critici”. Torna in campo un refrain classico degli ultimi anni: l’immigrazione, in quanto tale, come sanatoria alla crisi demografica e pensionistica del Paese. Un tema caldo nei giorni in cui il governo Meloni è sotto attacco per la stretta sugli arrivi irregolari, che può causare incomprensioni: si mette in correlazione la questione degli sbarchi con quella del contributo Irpef che vengono pagati dagli stranieri residenti nel Paese.
Tridico incespica, e non poco, sulla questione. Da un valido economista del lavoro, non ci si aspetterebbe una semplificazione come quella che accade nell’intervista. Il presidente nominato da Giuseppe Conte nel 2019 ricorda che gli Stati più avanzati “hanno tutti molti migranti” e in quest’ottica “abbiamo l’esigenza di coprire la domanda di lavori medio bassi da Nord a Sud con gli stranieri”. Da chi – come Tridico – viene dalla Sinistra questo è un errore duplice. In primo luogo perché confonde causa e effetto. Gli Stati più attrattivi per il lavoro straniero spesso accolgono lavoratori qualificati ad alto valore aggiunto e apportatori di capitale umano e sociale ai rispettivi sistemi-Paese. Quanto scritto da Paul Krugman riguardo al caso Usa, in tal senso, è emblematico. In secondo luogo, ritorna la retorica strumentale dell’immigrazionismo fine a sé stesso che identifica il migrante in funzione unicamente servile. Il migrante raccoglitore di pomodori e insalata, operatore di manovalanza dell’industria o addetto ai lavori sociali e a basso valore aggiunto. Qualcosa che cozza con lo stesso indirizzo della Costituzione secondo cui la Repubblica riconosce “il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
Tridico, poi, unisce la necessità di coprire la manodopera mancante con i migranti con una difesa strenua della riforma Fornero. Che in quest’ottica porta a un problema strutturale. La riforma Fornero prevede un sistema previdenziale unicamente contributivo per i nuovi entranti nel mercato del lavoro. Il sistema contributivo prevede un aumento delle prestazioni pagate per il lavoro dipendente all’aumentare del reddito. Pensare agli immigrati unicamente come ai sostituti dei lavori a basso valore aggiunto riduce anche il loro contributo al welfare. Anestetizzando, inoltre, il vantaggio che la popolazione straniera ha rispetto alla media nazionale: il vantaggio anagrafico.
Lavoce.info, infatti, ricorda che l’età media degli immigrati è di 33 anni contro i 45 della media della popolazione italiana. Giocoforza, adesso il saldo è positivo: “Su 16 milioni di pensionati, gli stranieri sono circa 130 mila (80 mila pensioni contributive e 50 mila pensioni assistenziali), meno dell’1 per cento del totale, per un importo di circa 800 milioni di euro (2015). Sul lato delle entrate, i 2,4 milioni di lavoratori stranieri versano all’Inps oltre 10 miliardi di euro l’anno”. Ma nonostante tutto questo, già nel 2023 le previsioni dell’Inps prevedono un buco di bilancio di 10 miliardi di euro. E quando molti stranieri avranno superato i vent’anni di contributi potranno accedere ai requisiti minimi di ingresso al settore pensionistico, aumentando dunque il contributo.
In quest’ottica, la soluzione dei canali regolari d’immigrazione per stranieri che possono accedere al mercato del lavoro invocata da Tridico c’è già ed esiste. E va ribadito che pensare a un idealtipo astratto di “migrante” non aiuta. Men che meno a parlare solidamente di economia. Esistono cittadini e lavoratori stranieri in possesso dei requisiti per poter accedere nel migliore dei modi al sistema nazionale. Il tema dell’immigrazione “regolare e fluida” chiesta da Tridico deve necessariamente intrecciarsi con la domanda di qualità del lavoro che – legittimamente – anche uno straniero può reclamare e non unicamente con la manovalanza a basso valore aggiunto e a rischio di finire coperta da zone d’ombra come struttamento e caporalato.
Gli immigrati non sono poi una categoria a parte che “pagano le pensioni” o ricevono sussidi, ma contribuiranno e riceveranno individualmente in rapporto al proprio reddito, alle prestazioni ricevute, alle future coperture previdenziali. E, cosa che Tridico sembra scordare, a loro volta invecchieranno, diventando riceventi del sistema. Dunque il punto generale è legato a quanto il sistema economico crescerà e si svilupperà in rapporto a una popolazione dall’età media crescente, sia per gli italiani che per gli stranieri. Solo così si “salveranno” i conti Inps già profondamente in rosso da tempo. Non è una questione di italiani o stranieri, ma di qualità del reddito prodotto e delle professioni svolte dai residenti in età da lavoro. Con buona pace di chi, come Tridico, semplifica eccessivamente.