Per allinearsi al livello di altri Paesi europei di riferimento, in Italia mancano all’appello 30.000 medici e 250.000 infermieri. Per colmare questa carenza, il nostro Paese dovrebbe investire 30,5 miliardi di euro, tenendo conto del maggiore bisogno di personale sanitario causa dell’età media più alta della popolazione italiana. A fare il conto è il 18/mo Rapporto Sanità del Crea (Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità) dell’Università di Roma Tor Vergata presentato oggi al Cnel.
In Italia, nella sanità pubblica, ci sono 3,9 medici per 1.000 abitanti contro i 3,8 della media di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna: ma, correggendo per l’età media della popolazione (in riferimento all’elevata presenza di over 75 nel nostro Paese rispetto ad altri), a mancare sarebbero 30.000 medici.
Mettendo in conto i circa 12mila medici che vanno in pensione ogni anno, per colmare il gap se ne dovrebbero assumere almeno 15mila ogni anno per i prossimi 10 anni.
Per gli infermieri il problema è ancora più eclatante: ne abbiamo 5,7 per 1.000 abitanti contro i 9,7 dei Paesi EU: la carenza supera le 250mila unità rispetto ai parametri europei e, comunque, solo per attuare il modello disegnato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, ne servirebbero 40-80.000 in più. E poco è l’aiuto dall’estero: arrivano in Italia meno del 5% degli infermieri contro il 15% nel Regno Unito e il 9% in Germania; meno dell’1% dei medici a fronte del 10% degli altri paesi.
Vista la carenza di vocazione, la soluzione sarebbe offrire loro condizioni economiche attrattive. Invece i medici italiani guadagnano in media il 6% in meno dei colleghi europei e gli infermieri il 40% in meno. “Senza risorse e senza personale sanitario è – scrivono gli autori del rapporto – impossibile il 65% di prestazioni perse durante la pandemia, di cui hanno sofferto soprattutto i grandi anziani”.
Ente medici: pronti in caso di pensione a 72 anni
L’Enpam, Ente di previdenza dei medici e dei dentisti, è pronto a recepire l’eventuale norma che permetterà, ai medici convenzionati disponibili, di restare in servizio fino a 72 anni nell’attesa che arrivino giovani a sostituirli. Lo si legge in una nota, in cui il presidente della Cassa Alberto Oliveti parla di una misura straordinaria che “sembra inevitabile per il Servizio sanitario nazionale e, per quanto questo possa essere controintuitivo, è nell’interesse dei giovani medici.
Data l’attuale carenza, senza un prolungamento provvisorio per i convenzionati anziani, infatti, tanti cittadini rischierebbero di restare senza servizio pubblico, mentre i futuri medici di famiglia vedrebbero scomparire i loro spazi professionali poiché nel frattempo, come abbiamo già visto accadere, verrebbero occupati da medici importati da Paesi extra-europei se non addirittura cancellati da riorganizzazioni forzate dell’assistenza primaria”. Il pensionamento “massivo era ampiamente previsto, tanto che l’Enpam lancia l’allarme da più di 10 anni. Oggi questa misura – va avanti – consentirebbe di dare maggiore solidità al sistema previdenziale della categoria senza togliere lavoro ai giovani. È anzi fondamentale che nei prossimi tre anni vengano formati tutti i nuovi medici di medicina generale e i pediatri di cui c’è bisogno”.
Nel frattempo, recita la nota, Enpam può contribuire a tamponare la situazione permettendo ai convenzionati con determinati requisiti di anzianità di continuare a lavorare fino a 72 anni, ma riducendo il carico di attività e venendo affiancati, per la restante parte, da giovani medici già formati o ancora in formazione. C’è, infatti, l’App, l’anticipazione di prestazione previdenziale, che permette al medico di rinunciare a una quota di introiti, iniziando però a ricevere una parte di pensione. Ad esempio chi continuasse a svolgere il 60% dell’attività professionale, comincerebbe a percepire il 40% dell’assegno pensionistico.
https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2023/01/25/rapporto-crea-mancano-30.000-medici-e-250.000-infermieri_42db1fde-ea5b-4904-92dc-5198899267bc.html