ROMA, 09 GEN – Un’ondata di sentenze di morte in Algeria viene portata all’attenzione generale da Amnesty International, che in un comunicato denuncia che queste sarebbero frutto di processi irregolari e anche dell’uso della tortura, con anche il sospetto che alcuni dei condannati abbiano scontato la loro “affiliazione politica”. Le 54 condanne a morte, cinque delle quali in contumacia, fra cui una donna, sono state comminate in novembre e si riferiscono a disordini violenti in Cabilia risalenti all’agosto del 2021, quando fu linciato dalla folla un presunto “militante” e sono stati appiccati incendi.
Secondo Amnesty, almeno sei sono stati condannati perché affiliati la Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia (Mak), bollato come organizzazione terrorista da Algeri. Il linciaggio di una persona, secondo Amnesty, è stato solo il pretesto per condanne di sapore politico. Secondo quanto dichiarato da un giudice della difesa, almeno cinque imputati condannati hanno riferito di essere stati sottoposti a scosse elettriche e a tentativi di waterboarding e minacce di stupro.
“Ricorrendo alla pena di morte in processi di massa dopo processi ingiusti, le autorità algerine non solo rivelano il loro totale disprezzo per la vita umana, ma mandano anche un agghiacciante messaggio su come la giustizia viene amministrata oggi in Algeria. Praticare la pena di morte non è mai giustificabile, qualunque sia il crimine commesso. Queste spietate sentenze capitali e detenzioni devono essere subito invalidate. Tutte le accuse di tortura e altri maltrattamenti devono essere indagati prontamente, come devono essere ripetuti per tutti coloro che sono stati giudicati in contumacia o per le loro idee politiche”, scrive Emma Guellali, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa, citata nella nota. Dall’aprile 2021 Algeri ha fatto ampio ricorso all’art, 87 bis del suo Codice Penale per perseguire attivisti, difensori dei diritti umani e giornalisti per crimini connessi al terrorismo. (ANSAmed).