Tra Kosovo e Serbia si fa sempre più incandescente la situazione con un’escalation della tensione interetnica che preoccupa la comunità internazionale. Nella serata di sabato, 10 dicembre, due esplosioni sono state infatti udite a Zvecan mentre una sparatoria protrattasi per una decina di minuti è avvenuta nei pressi di Zubin Potok: si tratta di due dei quattro maggiori comuni kosovari a maggioranza serba.
Questi eventi confermano l’alta tensione interetnica che persiste nel nord del Kosovo, dove dal pomeriggio di sabato gruppi di serbi – per protesta contro l’arresto di un poliziotto serbo – hanno attuato blocchi stradali ed eretto barricate.
La situazione è monitorata dalla polizia kosovara, affluita in forze nei giorni scorsi, ma anche da unità di Eulex, la missione civile europea, e da pattuglie della Kfor, la Forza Nato in Kosovo.
Vucic contro Kurti – Il presidente serbo Aleksandar Vucic, in un duro intervento in diretta televisiva, ha ribadito le accuse al premier kosovaro Albin Kurti di voler esasperare la situazione con la sua politica ostile ai serbi e di disprezzo del diritto internazionale e degli accordi già raggiunti in sede di dialogo.
Le preoccupazioni di Ue e Usa
La comunità internazionale è allarmata per un possibile nuovo incendio nel cuore dei Balcani, regione cronicamente instabile e politicamente fragile nella quale non sono ancora rimarginate le ferite dei sanguinosi conflitti fratricidi degli anni Novanta. Le cancellerie occidentali, in primis Ue e Usa, moltiplicano gli appelli alla calma, e nelle ultime ore a intervenire è stato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha contattato telefonicamente il presidente serbo Aleksandar Vucic e il premier kosovaro Albin Kurti lanciando appelli al dialogo e alla moderazione.
Non è bastata l’intesa sulle targhe – L’intesa delle scorse settimane sul nodo delle targhe automobilistiche sembrava aver riportato la calma nei turbolenti rapporti tra la dirigenza di Pristina, di etnia albanese, e la popolazione serba che costituisce la maggioranza nel nord del Kosovo, e che gode dell’appoggio incondizionato del governo di Belgrado.
Pristina invia agenti nel nord del Paese
A surriscaldare nuovamente l’atmosfera è stata tuttavia la decisione del governo kosovaro di inviare al nord centinaia di agenti della polizia speciale, pesantemente armati e appoggiati da veicoli blindati. Un passo motivato dalla necessità di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza dei residenti dopo gli incidenti dei giorni scorsi, ma che ha provocato un’autentica sollevazione della popolazione serba locale.
Le accuse di Belgrado
Una rabbia sostenuta e condivisa da Belgrado, che accusa apertamente il premier Kurti di soffiare sul fuoco, di attuare una politica provocatoria e di puntare a una vera e propria pulizia etnica con l’espulsione dei serbi dal Kosovo. Scioccanti le parole di venerdì della premier serba Ana Brnabic, secondo la quale con le sue azioni unilaterali e destabilizzanti e con il suo evidente odio antiserbo Kurti ha portato la situazione “al limite di un nuovo conflitto armato” nei Balcani. E oggi, per protesta contro l’arresto di un ex agente serbo della polizia kosovara, dimessosi nelle scorse settimane insieme agli altri rappresentanti serbi di tutte le istituzioni del Kosovo, in varie parti del nord la popolazione serba ha inscenato dimostrazioni erigendo barricate e attuando blocchi stradali.
L’appello di Tajani
Un pressante appello alla moderazione e al dialogo come si diceva è giunto in giornata da Tajani, che a Vucic e a Kurti ha espresso preoccupazione per il progressivo deterioramento della situazione. Il titolare della Farnesina, che era stato in missione a Belgrado e al Pristina nelle scorse settimane, ha ribadito la volontà dell’Italia di “svolgere un ruolo da protagonista nei Balcani occidentali per garantire sicurezza e crescita socioeconomica”. “La stabilità della regione è un obiettivo italiano ed europeo”, ha affermato Tajani.
https://www.tgcom24.mediaset.it