di Fausto Carioti – www.liberoquotidiano.it – Roma, Città della spazzatura eterna, al New York Times sono stati sin troppo buoni. Ragioni di solidarietà progressista (il quotidiano della Grande Mela, si parva licet, è l’equivalente ideologico di Repubblica), o forse la volontà di contenere entro livelli moderati il disgusto dei lettori. Di sicuro, quei cinque cassonetti del quartiere Pigneto strabordanti di monnezza che troneggiavano ieri sulla prima pagina della sua edizione internazionale, sotto la fotografia di una tenda di profughi pakistani (un angolo di Svizzera, al confronto), non sono il peggior esempio di pubblica igiene che si può trovare nella città amministrata da Roberto Gualtieri e dal Pd.
Immondizia sull’asfalto in quell’immagine ce n’è poca (relativamente agli standard romani, s’ intende) e gli unici animali inquadrati sono otto piccioni. Zero gabbiani, manco la coda di una pantegana, assenti ingiustificati i cinghiali e gli altri esemplari tipici della fauna progressista capitolina, ultimo in ordine di arrivo il calabrone asiatico, o vespa orientalis: latitante dagli anni Cinquanta, è tornato a nidificare nelle strade del Belli e di Trilussa, ispirando nuove liriche nei romani che lo incontrano.
Città della spazzatura eterna
E però quella fotografia è lì, stampata con l’inchiostro o coni pixel su un giornale la cui sola versione digitale ha dieci milioni di abbonati, un milione dei quali fuori dagli Stati Uniti. Lettori cosmopoliti e turisti altospendenti, che hanno potuto leggere il lungo articolo che la correda e farsi un’idea di come l’urbe di Cesare e Augusto sia diventata la «city of eternal trash», la città della spazzatura eterna. Definizione che basterebbe a seppellire un sindaco e le sue ambizioni, se solo non avesse un partito e la stampa amica che lo proteggono e avversari politici incapaci di tradurre dall’inglese.
Per avere un’idea di quanto grande sia la distanza tra le parole dell’uomo e le sue capacità bisogna tornare al 22 ottobre del 2021, quando Gualtieri, appena entrato in carica, annunciò urbi et orbi la fine dell’era buia di Virginia Raggi: «Ripuliremo Roma entro Natale». Dieci mesi dopo, l’esperienza sanitaria e olfattiva che offre la capitale è quella descritta sul New York Times: «Anche in una città che è stata spesso saccheggiata e ha visto tutto nel corso dei secoli, dove in tempi recenti le persone si sono abituate ad autobus che si auto-immolano incendiandosi, buche profonde come pozzi d’acqua e una miriade di altri oltraggi, la spazzatura – pervasiva, pungente e implacabile- è diventata la vera unità di misura del declino di Roma».
Così i lettori di New York, Tokio e Sydney hanno appreso le gesta dell’uomo d’affari chiamato «er monnezzaro», ossia il «re della spazzatura» Manlio Cerroni, dello strano incendio che ha distrutto l’impianto di Malagrotta e di come «nulla simboleggi il declino di Roma più della sua crisi dei rifiuti. Un serraglio di cinghiali, gabbiani violenti e ratti si riunisce per banchettare con i detriti traboccanti della capitale». Finché, «quando sembrava che la puzza di spazzatura non potesse peggiorare più di così, una disputa sulla costruzione di un nuovo inceneritore è diventata il motivo dichiarato per un ammutinamento politico che ha fatto cadere il governo di Mario Draghi». Con l’avvocato ambientalista che spiega al pubblico internazionale come la città sia ormai «una giungla. Mancano solo i boa constrictors. E allora avremo tutto». Un reportage che avrà deliziato gli appassionati di stereotipi sull’incapacità italica di darsi istituzioni decenti. La cronaca che merita la capitale di una repubblica delle banane.
COME NERONE
E su tutto, sopra alla monnezza, alla puzza e ai cinghiali mannari, si staglia, a suo modo titanica, la figura di Gualtieri. Il candidato sindaco che in campagna elettorale garantiva che non sarebbe servito un nuovo inceneritore e che «solo quando si è insediato ha capito la sconvolgente realtà della spazzatura di Roma». Che ora assicura che la città si farà trovare pronta ad accogliere i pellegrini nell’Anno santo 2025, mentre promette ai romani «l’inizio di una nuova età dell’oro». «Un sindaco che osa sognare mentre Roma (o almeno la sua immondizia) brucia», titola il quotidiano americano nell’edizione digitale. E il paragone con Nerone non è esattamente una medaglia, tantomeno un buon auspicio.