Lettera aperta, da avv. Morcavallo a Vicenza Palmieri

avv. Morcavallo a Vicenza Palmieri

Cara Vincenza,

tre anni addietro, in questi stessi giorni, leggevamo dell’iniziativa della procura reggiana che contribuiva a scoperchiare definitivamente le anomalie della malagiustizia minorile, diffuse nell’intero ambito nazionale.

Chi, come te e Francesco Miraglia, aveva da anni constatato le nefandezze su cui interveniva l’indagine, avrebbe potuto limitarsi a far vanto della propria lungimiranza e del proprio impegno, grazie al quale molte altre vittime erano state – e sarebbero state in seguito – salvate. Invece, avete continuato a lavorare giorno e notte per combattere le mille e mille Bibbiano che, ormai in modo conclamato, emergevano in ogni dove.

Altri cercarono, in modo ipocrita, di cavalcare un’onda di apparente vittoria: mi riferisco ai fautori della sindrome da alienazione parentale, ciarlatani che si contendevano (e a volte dividevano, come nelle migliori teorie economiche sul duopolio) con i “guru” pedemontano-emiliani il mercato dei trattamenti imposti e degli allontanamenti.

Tu avesti già allora il coraggio di ribadire e di spiegare che i profeti della p.a.s. e gli imbroglioni sostenitori del “tutti violentatori” erano fallaci mercanti della stessa merce, redditizia e avariata: la pretesa di ricavare da indicatori psicologici la presunzione di fatti inesistenti, per i quali accusare genitori e sottrarre loro i figli o le decisioni sui trattamenti sanitari e psicoterapeutici a questi destinati. Da un lato, violenze paterne presunte da stregoni indagatori dell’anima; dall’altro lato, e in concorrenza parimenti sleale, teorizzatori di calunnie materne desunte da valutazioni pseudo-psicologiche dei comportamenti dei figli; intanto, le donne che subivano davvero violenza avevano paura di denunciare, per paura di vedersi sottratti i figli; e mentre la facevano franca i violenti, venivano puniti o privati dell’affetto filiale genitori che nessuna violenza avevano mai commesso.

Quella lezione, purtroppo, non è stata ancora imparata a dovere: con stupore vedo che, mentre il processo penale nel reggiano è ancora pendente, persone comuni, professionisti e associazioni, taluni per interessi propri e per impulso dei loro referenti politici (gli stessi che, dietro le quinte, spalleggiavano e spalleggiano i ‘guru’ dell’una e dell’altra parrocchia, come avrebbe detto Sciascia), addirittura inneggiano a chi le nefandezze del sistema minorile non ha mai negato e, anzi, quando è stato sottoposto a processo, ha difeso i metodi della coercizione psicologica spacciandoli per portato scientifico. In nome di una riabilitazione dei ladri di bambini, ora, alcuni pretenderebbero di utilizzare le pronunce recenti della Corte di cassazione che, inascoltate dai soli giudici di merito, confermano l’illegittimità delle sottrazioni di minorenni non supportate dai fatti.

Ma quelle sentenze non sono (e sarebbero inutili se restassero) il patrimonio di pochi eletti o il risultato contingente di pressioni politiche e associative: sono, invece, il risultato di ciò che tu e Francesco Miraglia avete scoperto e insegnato molti anni prima che il mondo conoscesse l’esistenza di Bibbiano; molti anni prima che qualche associazione pretendesse di difendere il diritto dei bambini instaurando una partita di mamme contro papà e papà contro mamme; molti anni prima che si scoprisse che i ciarlatani degli “indicatori di abuso” e degli “indicatori di p.a.s.” agivano secondo gli stessi metodi e per gli stessi, indegni scopi di autopromozione.

Grazie, allora, Vincenza per il tuo impegno trascorso, che ha portato a rendere nota la verità e a farne un faro per la migliore giurisprudenza; ma grazie, soprattutto, per il tuo impegno presente, con il quale cerchi di impedire che la lezione del recente passato venga trasformata nello strumento di chi vorrebbe continuare a cavalcare il martirio dei bambini come una risorsa professionale e commerciale.

Francesco Morcavallo