La decisione è presa, le auto a benzina e diesel non potranno più essere vendute dal 2035. Fra tredici anni il mercato europeo sarà completamente migrato verso mezzi a zero emissioni, elettrici o a idrogeno. La proposta della Commissione europea, accolta oggi dall’Europarlamento, prevede di ridurre le emissioni medie delle auto nuove del 55% entro il 2030 e del 100% entro il 2035, rispetto ai livelli del 2021.
Se l’obiettivo è ambizioso sul piano della transizione ecologica, diventa particolarmente sfidante sul piano economico e sociale. La svolta approvata dall’Europarlamento avrà conseguenze per tutto il settore automotive e, in particolare, per l’industria che dovrà accelerare i tempi della sua transizione. E che è già alle prese con gli effetti della pandemia, quelli della crisi dei semiconduttori e con un’ormai cronico ritardo nella consegna di auto nuove.
Il rischio denunciato dai costruttori e dai sindacati è che le conseguenze più difficili da affrontare possano arrivare sul piano dell’occupazione, non solo quella diretta delle case automobilistica, ma anche quelle di un indotto che verrebbe in buona parte dismesso.
L’Anfia, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, è intervenuta duramente già a dicembre 2021, quando la proposta della Commissione è stata resa nota, e dopo che al Comitato interministeriale per la Transizione ecologica (Cite) erano state definite le tempistiche di sostituzione dei veicoli con motore a combustione interna, decidendo, in linea con la maggior parte dei paesi avanzati, che il phase out delle automobili nuove con motore a combustione interna dovrà avvenire entro il 2035.
Anfia citava in quell’occasione la Clepa, l’Associazione europea della componentistica, che in uno studio quantificava i danni, occupazionali ed economici, derivanti dalla messa al bando dei motori a combustione interna al 2035 e evidenziava che l’Italia rischia di perdere, al 2040, circa 73.000 posti di lavoro, di cui 67.000 già nel periodo 2025-2030. ADNKRONOS