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Per le televisioni e i giornali italiani quello tra Joe Biden e Mario Draghi è stato un incontro epocale, quasi un punto di svolta nella crisi ucraina. molto curioso di capire che cosa pensasse dell’incontro il resto del mondo, ho spulciato la stampa internazionale. E mi duole dire che non ne ho trovato traccia: il “New York Times”, “Le Monde”, “The Guardian” e la “Frankfurter Allgemeine Zeitung” non hanno dedicato alla visita di Draghi a Washington neppure un trafiletto in una pagina interna. Degli altri non so, ma sospetto che si siano comportati allo stesso modoIl commento di BATTISTA GARDONCINI
SECONDO LE TELEVISIONI e i giornali italiani quello tra Joe Biden e Mario Draghi è stato un incontro epocale, quasi un punto di svolta nella crisi ucraina. Molti hanno titolato compiaciuti su Draghi che ha giurato eterna fedeltà al patto Atlantico «nonostante il tentativo di Putin di dividerci». Altri, forse consapevoli del fatto che la maggioranza degli italiani non ha nessuna voglia di dichiarare guerra alla Russia, hanno preferito sottolineare i timidi accenni del nostro presidente del Consiglio alla necessità di fermare la guerra. Tutti però hanno dedicato all’avvenimento le loro prime pagine.
Ieri mattina, molto curioso di capire che cosa pensasse dell’incontro il resto del mondo, ho spulciato la stampa internazionale. E mi duole dire che non ne ho trovato traccia: il “New York Times”, “Le Monde”, “The Guardian” e la “Frankfurter Allgemeine Zeitung” non hanno dedicato alla visita di Draghi a Washington neppure un trafiletto in una pagina interna. Degli altri non so, ma sospetto che si siano comportati allo stesso modo.
Il bacio della pantofola
Del resto, come dare loro torto? Basta leggere il resoconto della chiacchierata tra Biden e Draghi, diffuso come prassi dall’ufficio stampa della Casa Bianca, per rendersi conto che non si è trattato di un incontro tra eguali, ma di un bacio della pantofola, dove era fin troppo chiaro chi portava la pantofola e chi la baciava. Vista l’importanza delle questioni in sospeso — gas, sanzioni, armi all’Ucraina, allargamento della Nato — c’è da sperare che nei colloqui successivi, al riparo da orecchie indiscrete, le cose siano andate diversamente, e che il nostro premier si sia ricordato di essere europeo e abbia avuto almeno un sussulto di dignità. Ma non è detto.
L’ottimo Draghi non mi piace. Non mi piaceva da presidente della Bce, quando affamava la Grecia e scriveva lettere minacciose al governo italiano invitandolo a tagliare le pensioni e a smantellare il welfare. E non mi piace adesso da presidente del Consiglio: troppo attento agli interessi dei poteri forti per essere credibile, troppo convinto di essere il più furbo di tutti per risultare simpatico, troppo sprezzante nei confronti dei partiti — che restano nonostante tutto la più compiuta espressione organizzata della volontà popolare — per avere il loro convinto sostegno. Per questo ho apprezzato che gli abbiano sbattuto la porta in faccia quando voleva fare il Presidente della Repubblica e sarò molto contento del benservito che gli daranno appena smetteranno di avere paura delle elezioni. Spero presto.
Forse in campagna elettorale riusciremo finalmente ad uscire dall’unanimismo di facciata di un governo di quasi unità nazionale, efficiente soltanto nel rimandare i problemi per preservare lo status quo. Forse saremo in grado di discutere davvero del futuro del Paese, delle sue priorità e delle sue alleanze nel momento più difficile della nostra storia recente, con il Covid che non se ne è mai andato e una guerra che finora ha colpito soltanto la nostra economia, ma potrebbe diventare qualcosa di molto peggio.
Altri paesi si stanno muovendo nella direzione di un ruolo autonomo dell’Europa nella politica internazionale e dentro la Nato. Dalla Francia del rieletto Macron, dalla Germania di Scholz e dalla Spagna di Sánchez arrivano segnali interessanti, che non potranno non avere conseguenze sulle scelte di una Unione Europea guidata al momento da politici di secondo livello come Charles Michel e Ursula von der Leyen. Anche l’Italia, a patto che smetta di baciare la pantofola di Biden, potrebbe giocare un ruolo importante.
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L’autore dirige Oltreilponte.org