Non si ferma l’avanzata, in Europa e nel mondo, della variante Omicron. Adesso, a qualche settimana di distanza dalla sua scoperta in Sudafrica iniziamo a vedere le cose un po’ più chiaramente e a capire qualcosa di più su questa nuova mutazione del Covid-19. Secondo i dati provenienti da Regno Unito, Danimarca e Sudafrica sembrerebbe che a esser maggiormente colpite siano persone giovani e vaccinate con due dosi. Le ragioni potrebbero essere molteplici: maggiore mobilità, maggiore socialità ed il fatto che questa fascia di popolazione non ha ancora ricevuto la terza dosa, che secondo i primi dati garantirebbe una maggiore protezione contro la variante. Ma per il momento, i dati sono ancora preliminari e gli esperti necessitano di ancora un po’ di tempo prima di avere un quadro completo della situazione.
Gli studi in corso sono quasi tutti in fase di pre-print, ovvero non sono ancora stati sottoposti a revisione formale tra pari. Tuttavia, si può provare a capire qualcosa analizzando i dati degli Stati più colpiti. La nuova variante è ormai presente più di 60 Paesi, tra cui 24 Stati europei, con un modello simile di infezione e caratteristiche che vengono segnalate in tutto il mondo. “Generalmente questi primi casi sono in gruppi relativamente giovani, relativamente sani e – nel contesto dell’Europa – in gruppi altamente vaccinati”, ha detto al Telegraph la dottoressa Catherine Smallwood, un funzionario senior di emergenza presso l’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Secondo i primi dati arrivati dalla Danimarca, leader mondiale nel sequenziamento genetico, dei 3.437 casi di omicron rilevati, più del 70 per cento hanno meno di 40 anni, e di questi il 75 per cento di loro aveva completato il ciclo vaccinale, ricevendo entrambe le iniezioni. L’analisi del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc) ha rilevato che il 72 per cento dei primi casi erano in persone sotto i 40 anni, tendenza confermata dagli Stati Uniti che hanno detto che la maggior parte delle infezioni rilevate finora appartenevano a questa stessa fascia di età. Le autorità americane hanno anche rivelato che il 79 per cento delle persone infettate erano vaccinate.
Per il momento gli studi hanno mostrato una ridotta efficacia di due dosi di vaccino contro la malattia sintomatica associata alla variante Omicron rispetto alla Delta, ma la protezione migliora notevolmente con una terza iniezione. Secondo uno studio condotto da Pfizer e BioNTech, “mentre due dosi del vaccino possono ancora offrire protezione contro la grave malattia causata dal ceppo Omicron, è chiaro da questi dati preliminari che la protezione è migliorata con una terza dose del nostro vaccino”, ha spiegato Albert Bourla, presidente e amministratore delegato della multinazionale farmaceutica. Infatti, il fatto che questa fascia di popolazione non abbia ancora ricevuto la terza dose può essere uno dei fattori esplicativi della sovra diffusione di Omicron in questa fascia di età.
Per quanto riguarda il fatto che la variante sia “più buona” e cha dia sintomi molto più leggeri, ancora una volta, non abbiamo abbastanza dati a disposizione, ma i segnali sembra incoraggianti. In ogni caso anche se questo dovesse rivelarsi vero Omicron potrebbe continuare a rappresentare un problema dato che la sua capacità di trasmissione elevatissima, la rende pericolosa comunque in quanto anche pochi casi gravi in percentuale sui totali, sarebbero comunque tanti se si diffondesse troppo, soprattutto tra chi non ha protezione immunitaria.
Gli ospedali in Sudafrica, il Paese in cui per primo è stata individuata la Omicron, continuano a segnalare sintomi “molto più lievi” rispetto alle varianti precedenti. Boris Johnson, mentre invitava, in un discorso alla nazione, la popolazione a fare la terza dose, ha detto che gli esperti pensano sia meno pericolosa della Delta ma, ha avvertito, “anche se ciò si rivelasse vero, sappiamo già che è molto più trasmissibile e che un’ondata di Omicron in una popolazione” la cui protezione vaccinale non è stata potenziata con il richiamo “rischierebbe un livello di ospedalizzazione che potrebbe travolgere il nostro sistema sanitario e portare, purtroppo, a moltissimi morti”. Il premier per questo ha chiesto per prudenza di “mettere da parte” le discussioni sulla sua presunta minore pericolosità e di concentrarsi sul come combatterne la diffusione. https://europa.today.it