di Valeria Gelsi – Dopo le fiere, arrivano anche gli sconti del Black friday. L’ultima trovata per pubblicizzare l’utero in affitto arriva dalla ucraina Biotexcom, con tanto di banner nella homepage del sito dove si parla di «promozione». L’offerta “imperdibile” prevede dal 15 al 26 novembre, dunque in concomitanza con la settimana del “venerdì nero”, «uno sconto del 3% dal prezzo del contratto». Un lessico che rimanda in tutto e per tutto alle pratiche commerciali, trascurando il “piccolo dettaglio” che si parli di bambini e delle donne che dovranno portarli in grembo e partorirli per altri.
Meloni: «La vita umana ridotta a un oggetto di scambio»
«Arrivano i saldi! Non per acquistare dei prodotti, ma per comprare dei bambini. Come si può ridurre la vita umana a oggetto di scambio e umiliare la dignità della donna mercificando in questo modo il suo corpo?», ha commentato su Facebook Giorgia Meloni, chiarendo che «continueremo a batterci in ogni sede affinché questa pratica barbara e inumana diventi reato universale».
L’orrore del “Black friday” sull’utero in affitto
A sollevare il caso è stato Avvenire, con un articolo intitolato «Corpi delle donne e figli col cartellino. Black friday: bebè sul banco». «Un bebé come una lavatrice», scrive nell’attacco la caporedattrice del quotidiano Antonella Mariani, dando immediatamente la misura di cosa si stia parlando. Un giro sul sito uteroinaffitto.com chiarisce il resto, qualora ve ne fosse ancora bisogno. Nella sezione “servizi” sono proposti i vari «pacchetti»: Standard, standard plus e vip surrugacy, che vanno dai 39.900 euro ai 64.900. Dunque, anche il 3% di sconto non è poi una cifra così irrisoria. Magari ci si ripaga il viaggio fino in Ucraina, dove la maternità surrogata rappresenta un mercato fiorente, che attira coppie da tutta Europa e non solo, anche perché qui comprare un bimbo nuovo di zecca costa assai meno degli Usa, dove le cifre si aggirano intorno ai 150mila dollari.
Così donne e bambini diventano «merce col cartellino»
«A New York nel Black Friday si svuotano i negozi, in Europa si va a caccia di promozioni online, in Ucraina si comprano uteri materni a prezzi d’occasione. La logica del consumo applicato a un figlio e a una mamma. Merce, con il cartellino», si legge ancora su Avvenire, che ricorda anche la proliferazione di fiere specializzate nei Paesi europei anche dove l’utero in affitto – tecnicamente chiamato “gestazione per altri” – è vietato. Fra questi c’è anche l’Italia, dove non solo è possibile consultare i vari pacchetti comodamente online da siti specializzati, ma anche frequentare queste fiere, come quella annunciata a Milano della quale molto si è parlato nei mesi scorsi.
Il nome scelto per la fiera è “Un sogno chiamato bebè”. La pratica dell’utero in affitto, però, ha più i connotati dell’incubo, perché così appare un mondo in cui donne in difficoltà e bambini finiscono per diventare merci, perfino passibili di sconti e campagne promozionali. E di essere rifiutati se il “prodotto” è difettato, non piace o non serve più. Le cronache hanno varie volte raccontato i casi di bambini prima commissionati e poi rifiutati perché nati con disabilità.
L’urgenza di rendere l’utero in affitto reato universale
Proprio ieri sempre Avvenire ha raccontato un caso di una bimba abbandonata dai genitori italiani, dopo che per tutto il primo anno di vita l’avevano lasciata a Kiev affidata alle cure di una baby sitter. Quando hanno smesso di pagarla, la donna si è rivolta al consolato italiano e la bimba è stata rimpatriata in Italia, dove sarà accolta da una coppia che davvero la vuole. Non è chiaro cosa ne sarà della coppia che l’ha commissionata e poi abbandonata, ma anche un caso come questo ripropone l’urgenza di rendere l’utero in affitto reato universale, ovvero perseguibile anche se commesso fuori dai confini italiani, come da tempo chiede FdI, con una proposta di legge che vede come prima firmataria Giorgia Meloni. – – www.secoloditalia.it