Italia 2.0. Fantascienza?

di Roberto Preatoni
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Che si sia giunti al punto in cui l’Italia vada cambiata è un dato di fatto. Per la precisione, al punto in cui si è arrivati non si può più parlare di riformarla bensì di rifondarla, non solo nelle regole che si è data ma sopratutto negli atteggiamenti degli italiani, il che significa che l’ Italia potrà cambiare solo quando gli italiani saranno disposti a rimettere in discussione sè stessi, il proprio stile di vita, i privilegi acquisiti, la propria moralità. Presumibilmente mai quindi o almeno sino a quando si sarà toccato veramente il fondo. Solo da un profondo processo di autocritica che coinvolga tutti, dall’ operaio al Presidente del Consiglio potrà eventualmente nascere il seme di un processo di miglioramento sociale. Lasciate le rivolte di piazza agli sfigati e ai senzapalle. Cominciate da voi stessi invece, sta lì la vera sfida.

Italia 2.0 quindi. Fantascienza? Forse, però a me piace sognare se non altro per la consapevolezza che la generazione attualmente al comando si accinge a lasciare ai propri figli e nipoti infinitamente meno di quello che ha ricevuto dalla generazione che l’ha preceduta. In termini di ricchezza, ambiente, cultura e prospettive tutto è inesorabilmente gravato da una folle ipoteca accesa da chi oggi non vuole fare mezzo passo indietro. Se fossimo un paese isolato non sarebbe il dramma che invece è, visto che siamo inseriti in un contesto globalizzato dove tutti lavorano e producono più e meglio di noi. Non si può quindi non riconoscere che il sistema Italia stia facendo del proprio meglio per meritarsi il peggio. Rifondare quindi significa avere il coraggio di smantellare completamente ciò che si è costruito senza avere paura di ciò che ci si può trovare a dover affrontare. Il veccio adagio “chi lascia la vecchia via per quella nuova, sa quello che lascia ma non sa quello che trova” può essere interpretato in due modi. Se foste dei pusillanimi lo interpretereste probabilmente alla lettera. Se invece aveste nel DNA un pallido rimasuglio del codice genetico che è appartenuto ai nostri avi esploratori e conquistatori lo interpretereste come un’opportunità. A voi il giudizio. “Bravo, bel discorso qualunquista! Vogliamo degli esempi pratici, tu da dove cominceresti? “ Comincerei da dove tutto ha inizio: l’incontro tra lo sperma e l’ovulo. Condividiamo tutti la stessa origine, siamo tutti nati come un grande foglio bianco sul quale poi la nostra educazione e le nostre esperienze hanno tracciato i tratti della nostra personalità. Sto parlando di scuola, se non lo aveste ancora capito.

Concedetemi una licenza poetica: tutte le riforme scolastiche degli ultimi trent’anni non sono servite a nulla e meritano anzi di essere buttate nel cesso, fine della licenza poetica. Ficcatevelo bene nel cervello: non sarà mai possibile cambiare nulla se non arriveremo ad educare i nuovi italiani ad avere atteggiamenti e pensieri completamente diversi dai nostri. La scuola italiana è di scarsa qualità. Vecchi programmi scritti da persone senza alcun senso pratico, alieni di un’altro pianeta. La scuola deve educare al mondo ma non dimentichiamoci che il mondo deve saper educare la scuola in un processo virtuoso di reciprocità e questo oggi non accade.

Nel mio ipotetico romanzo di fantascienza titolato per l’appunto “Italia 2.0”, mi immagino un governo che abbia il coraggio di destinare vaste aree di territorio per un progetto di fantascienza scolastica. Immaginatevi queste aree adiacenti alla periferia delle più grandi città, magari in zone da riqualificare. Immaginatevi uno Stato che trovi il coraggio di stanziare parecchi quattrini per costruire delle mini-città-scuola, fatte però con un criterio un pò particolare. Immaginatevi il centro di queste mini-città-scuola ospitante diverse strutture scolastiche. Scuole elementari, medie, superiori e università dove le scuole superiori e le università condividerebbero le stesse strutture fisiche e logistiche ma organizzate per tematicità: le università tecniche condividerebbero le strutture con le scuole superiori tecniche e cosi’ via. Le varie aree tematiche dell’insegnamento sarebbero quindi ospitate in settori diversi di un ipotetico cerchio centrale che ospiterebbe quindi tutto l’apparato scolastico.

Immaginatevi l’area medio-periferica di queste mini-città-scuola ospitare le necessarie strutture logistiche tra le quali mense ma anche palazzine dormitorio per gli studenti che abitando lontano, vogliano trattenersi al campus durante i giorni di studio. Immaginatevi ora le aree più esterne ospitanti palazzine all’interno delle quali si troverebbero uffici e apparati produttivi di (tante) aziende il cui settore di attività fosse coerente con il settore scolastico (quindi geografico) di riferimento: ad esempio un’azienda farmaceutica sorgerebbe nelle immediate vicinanze del settore universitario scientifico che a sua volta condividerebbe gli spazi con le scuole superiori tecnico-scientifiche. Immaginatevi un sistema per cui l’intero ammontare dell‘ affitto che tali aziende pagherebbero per occupare la loro sede, venisse utilizzato per pagare la manutenzione di tale mini-città-scuola e tutto l’apparato degli insegnanti. Immaginatevi un comitato rettorale il cui compito sarebbe quello di redigere anno per anno i dettagli dei programmi di studio in funzione delle necessità specifiche comunicate dalle aziende.

Immaginatevi poi un sistema fatto per consentire agli studenti di frequentare tutto il percorso scolastico gratuitamente in cambio di un’ unico onere: gli studenti delle elementari e delle medie con cadenza programmata dovrebbero frequentare degli incontri di orientamento scolastico presso tutte le aziende di tutti i settori di attività. Questo produrrebbe immediatamente il risultato di orientare gli studenti sin dai primi anni di studio. Gli studenti delle superiori sarebbero tenuti invece a frequentare obbligatoriamente dei corsi di formazione specialistica all’ interno delle aziende di tematica pertinente al proprio programma di studi. Gli studenti universitari sarebbero obbligati a lavorare con paga minima presso tali aziende per un certo numero di ore mensili, partecipando direttamente nei programmi di ricerca e sviluppo aziendali. L’attività lavorativa e di internship verrebbero valutate direttamente dalle aziende e contribuirebbero ai risultati scolastici finali dello studente. In questo disegno fantascientifico di scuola italiana lo studente otterrebbe un accesso gratuito a percorsi scolastici altamente qualificati, disegnati in tempo reale sulle esigenze dei mercati. Si otterrebbe l’ immediato orientamento dei giovani studenti. Si spingerebbero gli stessi ad uscire dai nuclei familiari stimolandone l’autonomia. Si insegnerebbe loro il corretto rapporto tra impegno profuso e risultati ottenuti nonche’ la relazione tra lavoro e denaro. Avere una corretta idea della relazione tra lavoro e denaro produrrebbe anche il risultato di sensibilizzare i giovani agli acquisti ragionati.

Si consentirebbe alle aziende di avere accesso diretto alle migliori menti nonche’ (limitatamente al periodo di studio) di avere la possibilità di utilizzare manodopera qualificata a costi irrisori, senza dover andare in Cina o in India a trovarla. Avrebbero la possibilità di coccolare gli studenti e stimolarli a tirare fuori idee innovative che eventualmente verrebbero finanziate e che diventerebbero il loro lavoro futuro. E sopratutto, ciò non costerebbe nulla allo Stato, a parte l’investimento iniziale l’intero apparato scolastico e la sua manutenzione verrebbe pagato direttamente dalle aziende. Certo, lo Stato poi dovrebbe avere le palle per imporre una detassazione completa del costo delle ore lavorate dagli studenti e per mettere a tacere una volta per tutte i rimasugli dell’ Italia 1.0 ovvero i sindacati e i finti benpensanti che inevitabilmente salterebbero fuori a bollare il sistema come sfruttatore mentre in realtà tale sistema consentirebbe agli studenti di studiare bene e gratis e favorendo il loro inserimento in un meccanismo meritocratico che garantirebbe eventualmente di trovare immediatamente lavoro. Sarebbe questa nuova generazione di studenti quindi a possedere i requisiti per rifondare l’Italia e questo è il genere di fantascienza che mi piace.

Ci avevo già provato in tema energetico senza successo ma non demordo: non è che per caso c’è qualche studente universitario di architettura, economia e scienze dell’ educazione e della formazione disposto a farci uno studio e una tesi su questo concetto per farla poi pervenire sul tavolo di chi ci comanda? Come ho scritto ieri, la nostra salvezza sta nell’ iniziativa dei giovani e nella capacità dei nostri governanti di dar loro ascolto.

Roberto Preatoni – Affari Italiani