I risultati erano già in pre-print, ma ora giunge la pubblicazione su ‘EClinicalMedicine’, magazine che fa capo a ‘The Lancet’: un semplice algoritmo per il trattamento domiciliare di pazienti Covid-19 può prevenire il ricovero in ospedale. Lo studio è stato elaborato dall’Istituto Mario Negri e condotto in collaborazione con un gruppo di medici di base di Varese e di Teramo.
Nei primi 2-3 giorni – spiegano gli autori, Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto Mario Negri e Fredy Suter, primario emerito dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – il Covid-19 è in fase di incubazione e la persona non presenta ancora sintomi. Nei 4-7 giorni successivi, la carica virale aumenta facendo comparire i primi sintomi. Intervenire in questa fase, iniziando a curarsi a casa e trattando il Covid-19 come si farebbe con qualsiasi altra infezione respiratoria, ancora prima che sia disponibile l’esito del tampone, potrebbe aiutare ad accelerare il recupero e a ridurre il ricorso al ricovero. I farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) sarebbero quelli più indicati nelle prime fasi della malattia.
Istituto Mario Negri, lo studio
Lo studio ha coinvolto 90 pazienti con Covid-19 lieve, che sono stati trattati a casa dai loro medici di famiglia secondo il protocollo proposto. Si è tradotto in una diminuzione da 13 a 2 pazienti con esigenza di ospedalizzazione e una riduzione di oltre il 90% del numero complessivo di giorni di ricovero e dei relativi costi di trattamento, rispetto a un gruppo di pazienti con le stesse caratteristiche, ma che avevano ricevuto altri regimi terapeutici. Questi risultati sono stati confermati in un altro gruppo di controllo di 1779 pazienti.
“Il nostro studio è imperfetto perché retrospettivo – dice Remuzzi – ma è interessante che, proprio in questi giorni, un articolo apparso su ‘The Lancet’ di ricercatori inglesi e australiani conferma i nostri risultati con un approccio precoce basato su un preparato anti-asma (che contiene una piccola quantità di cortisone) da somministrare per inalazione nelle primissime fasi della malattia”. “È molto importante – sottolinea Suter – che i suggerimenti che derivano da questi studi non siano interpretati come un ‘fai da te'”. (ANSA).