Processo Eni, “prove false per ‘gettare fango’ sui vertici del gruppo”

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Agli atti dell’inchiesta dei pm di Brescia, nella quale l’aggiunto De Pasquale e il pm Spadaro sono accusati di rifiuto di atti d’ufficio per non aver depositato materiale probatorio nel processo sul caso Eni-Nigeria, ci sarebbero anche alcune email, inviate dal pm Paolo Storari ai vertici dell’ufficio, nelle quali il magistrato faceva notare la inattendibilità dell’ex manager Eni Vincenzo Armanna.

Processo Eni, il falso complotto

Il pm, interrogato a maggio a Brescia, avrebbe messo nero su bianco che sentire ancora a verbale l’ex dirigente sarebbe stato dannoso per le indagini sul ‘falso complotto Eni’, di cui era titolare assieme all’aggiunto Laura Pedio. Per il pm Storari, Armanna – valorizzato invece da De Pasquale e Spadaro come ‘grande accusatore’ nel processo Eni-Nigeria – in realtà era inattendibile e anzi, sentirlo ancora a verbale nell’altro fascicolo sul ‘falso complotto Eni’, avrebbe solo danneggiato l’indagine.

Processo Eni, il depistaggio

L’inchiesta bresciana, coordinata dal procuratore Francesco Prete e dal pm Donato Greco, è nata proprio dagli interrogatori del pubblico ministero Storari, pure lui indagato a Brescia ma per rivelazione del segreto di ufficio, in quanto, quando aveva affiancato l’aggiunto Pedio nelle indagini sul cosiddetto ‘depistaggio Eni’, nell’aprile 2020 aveva consegnato, per autotutelarsi, i verbali resi da Piero Amara a Piercamillo Davigo, allora al Csm.

Storari ha spiegato di aver inviato a De Pasquale e Spadaro (ora indagati)- mettendo in copia Pedio e il procuratore Francesco Greco – materiale che avrebbe dimostrato come Armanna, ex manager licenziato dalla compagnia petrolifera e valorizzato dall’accusa nel dibattimento sul giacimento nigeriano, avesse costruito prove false per “gettare fango” sui vertici del gruppo per poi ricattarli. Materiale che i due pubblici ministeri non hanno messo a disposizione delle difese e del Tribunale durante il processo pur avendo consapevolezza, questa è l’ipotesi, delle false accuse.

Le omissioni riguardano una serie di chat alterate dall’ex dirigente per screditare non solo l’ad Claudio Descalzi ma anche il capo del personale Claudio Granata. E altri messaggi ‘depurati’ per nascondere un presunto versamento di 50mila dollari a Isaac Eke, teste chiamato in aula dall’accusa. Agli atti dell’inchiesta bresciana ci sono le mail inviate dal pm Storari ai vertici dell’ufficio, in particolare tra gli ultimi mesi del 2020 e l’inizio del 2021. Sull’inattendibilità di Armanna si sono espressi anche i giudici del caso Eni-Nigeria nelle motivazioni della sentenza con cui i 15 imputati sono stati assolti. http://www.rainews.it