“Chi è il Guercio?” Aldo Grandi si rifiuta di dirlo e finisce in tribunale per diffamazione

Aldo Grandi

di Aldo Grandi – Le querele nei confronti della Gazzetta di Lucca e del suo direttore (Aldo Grandi, ndr) sono come le ciliege: una tira l’altra. Come gli esposti disciplinari all’ordine professionale. Fa parte del gioco e a questo gioco, in fondo, abbiamo scelto di partecipare entusiasti da oltre trent’anni per cui lamentarsi non avrebbe senso. Quando scegli, poi, di fare un giornalismo particolare, dove i peli non devono stare da nessuna parte figuriamoci sulla lingua, capita che a qualcuno venga voglia di fare di tutto per farteli tornare.

Questa volta saremo nell’aula del tribunale di Lucca venerdì prossimo, 14 maggio. Dovremo rispondere, come al solito, del reato di diffamazione a mezzo stampa e ad accusarci sono due dipendenti del comune di Lucca i quali si sono sentiti diffamati da due articoli che noi non abbiamo scritto, ma della pubblicazione dei quali siamo responsabili in quanto dirigiamo la Gazzetta di Lucca.

Il primo è un articolo apparso nella rubrica a firma de Il Guercio. Ve lo ricordate? Aveva la pessima abitudine di fare le pulci un po’ a tutti, poi, pur senza fare nomi e, a nostro avviso, nemmeno citare parole o dati che potessero ricondurre all’oggetto del pezzo, è stato chiamato in causa. I carabinieri del comando provinciale di Lucca ci hanno convocato spiegandoci che il magistrato, il pubblico ministero dottoressa Leone, voleva conoscere chi fosse l’autore dell’articolo che si firmava il Guercio.

Aldo Grandi e la protezione delle fonti

Abbiamo risposto che pur non essendo noi che abbiamo sempre l’abitudine di metterci nome e cognome, non avremmo potuto rivelarne l’identità. Innanzitutto perché siamo giornalisti professionisti e siamo tenuti a proteggere le nostre fonti e i nostri collaboratori. In secondo luogo, perché, non lo abbiamo spiegato allora, ma lo diciamo adesso, nella vita di ognuno di noi conta solo e soltanto una cosa, al di là dei soldi, dei bei vestiti, dell’apparenza, della professione e infilateci voi quello che vi pare.

Conta la credibilità che una persona si porta dietro e se noi da oltre dieci anni mandiamo avanti, con successo innegabile, la repubblica delle Gazzette, è perché, in fondo e dopo che ci è stato tolto, dalla vita, parecchio, l’unica cosa che ci resta è proprio questa: la credibilità. Ecco, quale credibilità avremmo avuto se avessimo spiattellato agli investigatori il nome e il cognome del Guercio? Ve lo diciamo noi: nessuna.

Esattamente come per la multa in piazza S. Michele per non aver indossato il ‘mezzo burqua’ o mascherina che dir si voglia o come quando difendiamo a spada tratta Andrea Colombini perché, sul Covid, la pensiamo alla stessa maniera, oppure come quando facciamo di tutto per stare vicini a Giovanni Martini e Filippo Giambastiani o anche Momi e Antonio Alfieri, ristoratori e gestori di caffè messi in mezzo alla strada da questa classe digerente senza capo né coda.

Altri esempi potremmo citare, come quando gli stessi carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della procura della Repubblica di Lucca, anni fa, ci domandarono chi fosse quell’ufficiale dell’Arma che aveva rivelato ai giornalisti una notizia che non era stata gradita dalla persona denunciata. Non dicemmo il nome e spiegammo che per noi l’Arma è molto e l’amicizia tutto.

Sono passati lustri, ma non ci siamo mai pentiti. Affronteremo, quindi, il processo affiancati dall’inseparabile nostra Giovanna d’Arco all’anagrafe Cristiana Francesconi, avvocato di Viareggio che da sempre ci difende e bene.

Nello stesso processo e dalle stesse persone siamo stati nuovamente tirati indirettamente in causa per un comunicato stampa inviatoci da Marco Chiari, ve lo ricordate? Sì, proprio lui, l’ex assessore della giunta Favilla, poi dirigente locale e, a suo dire, nazionale di Fratelli d’Italia, una persona che abbiamo sempre difeso e di cui abbiamo sempre pubblicato i comunicati e le esternazioni durante il processo interminabile che si è concluso con la sua assoluzione in Cassazione. Siamo arrivati a inimicarci diverse persone per questo, che non avevano gradito la nostra presa di posizione, ma, soprattutto, che pubblicassimo ogni volta le dichiarazioni di un Marco Chiari giustamente arrabbiato per aver avuto la vita rovinata.

Pensavamo di meritare, da lui e da Fratelli d’Italia che rappresentava, un migliore trattamento. Invece, non è andata così. Per aver pubblicato il suo comunicato nel quale il magistrato ha ravvisato una diffamazione sempre nei confronti dei dipendenti comunali, saremo chiamati a rispondere anche per lui e per Fratelli d’Italia.

In particolare quest’ultimo partito ci ha colpiti in negativo. Non ha fatto nulla per risolvere la situazione nonostante essa fosse stata determinata da un suo dirigente. Bene, ce lo ricorderemo a tempo debito.

Tutto questo per dire che venerdì mattina saremo, come sempre, presenti in aula davanti al giudice con tanto di faccia e, ovviamente essendo al coperto, il ‘mezzo burqa’ o mascherina che dir si voglia. Non dobbiamo vergognarci di niente e come sosteneva Guido Pallotta e come è riportato nella nostra testata, chiudiamo con un Recte agere nihil timere: agisci rettamente e non temere nulla.

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