Documento Oms dimostrerebbe che il piano pandemico era “atto politico”

lorenzin piano pandemico

C’è un documento dell’Oms datato 2014, venuto alla luce nella ricerca dei rappresentanti delle vittime di carte in vista anche della causa civile promossa contro il Governo, che dimostrerebbe che il Piano pandemico era “un atto politico”. Smentendo così, è la considerazione all’AGI di Robert Lingard, consulente del pool degli avvocati che rappresentano 500 familiari di persone uccise dal Covid, l’ex ministro Beatrice Lorenzin che, sentita come testimone dai pm di Bergamo nel marzo scorso, sostenne di non “sapere nulla del Piano perché era un atto amministrativo”.

Piano pandemico – L'”impegno politico chiesto dall’Oms”

Lingard, autore del ritrovamento del report pubblicato e poi ‘sparito’ dal sito dell’Oms sulle falle italiane nella prima fase della gestione del Covid, si riferisce a “una guida a interim sulla sorveglianza epidemiologica pubblicata dall’Oms nel 2014, quando Beatrice Lorenzin era Ministro della Salute per il Governo Letta” nella quale “è scritto a chiare lettere che ‘l’implementazione e il rafforzamento del meccanismo di rilevazione precoce di eventi epidemiologici non normalmente osservabili (Early Warning and Response) richiede risorse finanziarie, materiali e umane‘” . E che “il successo del rafforzamento e dell’implementazione del sistema di sorveglianza epidemiologica ‘dipende da un forte impegno delle autorità sanitarie nazionali’ e ‘deve essere supportato da un più ampio impegno politico’.

“Perché non furono creati i gruppi di lavoro per scrivere il Piano pandemico?”

“Nella Legge di Stabilità del 2015, in conseguenza dell’Ebola – prosegue – era stato previsto lo stanziamento di 3 milioni di euro ‘per potenziare le misure di sorveglianza e di contrasto delle malattie infettive e diffusive nel territorio nazionale e di rafforzare i livelli di controllo di profilassi internazionale per salvaguardare la collettività da rischi per la salute’.

“Se Beatrice Lorenzin ha allocato quelle risorse all’implementazione e rafforzamento del sistema di sorveglianza – è la tesi del rappresentante dei parenti delle persone morte per Covid la cui causa inizierà a essere discussa l’8 luglio davanti al Tribunale civile di Roma – dovrebbe spiegare su quali parametri di valutazione abbia deciso di allocare queste risorse. E come siano state spese.

Ma, soprattutto, contrariamente a quanto fatto dal suo successore Giulia Grillo, perché non abbia ritenuto opportuno attivare i gruppi di lavoro per il rifacimento del piano pandemico sulla base della Decisione UE 1082/2013 che imponeva l’adeguamento dell’Italia a quanto previsto dalla Regolamentazione Sanitaria Internazionale”.

Lingard ricorda che l’allora direttore della Prevenzione al Ministero, Ranieri Guerra, aveva spiegato in alcune interviste che “non c’erano soldi per il Piano”. Circostanza che, alla luce della circolare dell’Oms del 2014, commenta così: “Visto che le priorità di spesa le decide il ministro, il fatto che non ci fossero soldi per il rifacimento del piano pandemico fu una scelta politica che precede l’espletamento di un atto amministrativo. Una scelta politica che ha snobbato quella che nel 2007 l’OMS definiva la “più temuta minaccia alla sicurezza sanitaria e che, a oggi, c’è costata la bellezza di 120 mila morti”. AGI.IT