di Daniele Di Mario – Respiratori cinesi pericolosi – Durante tutto questo periodo di pandemia il Lazio (a altre Regioni e Provincie autonome italiane) hanno utilizzato respiratori senza il marchio CE e privi dei necessari standard di sicurezza. Per questo, lo scorso 7 aprile la Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria ha inviato una lettera ai direttori generali e ai commissari straordinari di Asl, aziende ospedaliere, policlinici universitari e Irccs per chiedere di sospendere l’uso dei ventilatori acquistati durante l’emergenza Covid. A sollecitare le Regioni è una lettera del ministero della Salute datata 31 marzo avente ad oggetto l’avviso di sicurezza sui dispositivi di ventilazione per terapia intensiva Aenomed VG70.
«Nel caso si rilevasse la presenza di tali ventilatori – intima la Regione Lazio ai manager As1 si chiede di sospenderne immediatamente l’uso in quanto prive del marchio CE e non conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa vigente». La Regione Lazio chiede anche di conoscere «il numero, il seriale e la loro ubicazione». Il 31 marzo, il Ministero della Salute aveva scritto alle Regioni di aver ricevuto «da parte del fabbricante Beijing Aenomed Co. Ltd. il rapporto Fsca» relativo al dispositivo medico di ventilazione per terapia intensiva VG70.
«Poiché – scrive il ministero – dalla nostra ricognizione sui dispositivi medici e le apparecchiature acquisiti durante il periodo dell’emergenza covid -19 privi del marchio CE, risulta che i ventilatori Aenomed VG70 sono presenti in diverse strutture sanitarie, si ribadisce l’importanza di non utilizzare apparecchiature prive del marchio CE, in quanto non conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa vigente».
respiratori conesi, perché sono pericolosi
L’informativa di sicurezza inviata dall’azienda ai distributori rivela che quei ventilatori «utilizzano un sensore di pressione differenziale per misurare il flusso di ventilazione del paziente. Il sensore è fortemente influenzato dalla pressione atmosferica», per questo è necessario «effettuare una compensazione in base all’altitudine del luogo in cui è installato il ventilatore» per «garantire l’accuratezza del flusso di ventilazione del paziente».
Tale compensazione deve essere inserita manualmente o automaticamente dal dispositivo se dotato di un apposito sensore. Ma i respiratori cinesi acquistati durante l’emergenza «non possiedono un sensore di pressione atmosferica incorporato» e «sono stati immessi sul mercato con istruzioni per l’uso errate», poiché indicano la presenza di un sensore in realtà inesistente. Di qui l’esigenza di sospenderne l’uso, come indicato dal ministero alle Regioni.
D’Alema presidente della società che ha venduto respiratori cinesi farlocchi all’Italia
Sul caso il consigliere regionale del Lazio della Lega Daniele Giannini ha presentato un’interrogazione al governatore Nicola Zingaretti e all’assessore alla Sanità Alessio D’Amato affinché «chiariscano se l’impiego di tali dispositivi sia stato letale per i pazienti finiti in terapia intensiva e se abbiano provveduto ad effettuare una ricognizione degli strumenti medicali ancora in uso nelle strutture ospedaliere».
«È inaccettabile che a un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria – conclude Giannini – si continui a contrastare il virus con apparecchiature non conformi ai requisiti di sicurezza. Pretendiamo che siano accertate le responsabilità di coloro che hanno perpetrato questo scempio sulla pelle di quanti sono stati colpiti dal Covid e non ce l’hanno fatta». www.iltempo.it