“Sono contrario a drammatizzare la questione delle varianti del coronavirus. Quando, durante l’estate, era spuntata quella spagnola, nessuno si è preoccupato. E pure quella inglese, ormai, la conosciamo. No a mezzi di distrazione di massa: il nostro obiettivo primario è vaccinare la popolazione. Le varianti, poi, non possono essere una scusa per chiudere. Ci possono essere dei momenti in cui chiudi, perché circola una variante che ti preoccupa. Ma il vero problema, poi, è cosa fai nei 15 giorni di chiusura. In quel periodo devi lavorare dalla mattina alla sera per studiare, isolare e sequenziare il ceppo e poi sviluppare il vaccino. Se non facciamo come il gioco dell’oca: torniamo sempre indietro. Le varianti spuntano di continuo. Che facciamo? Non ne usciamo più?”. Lo ha detto Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Istituto Spallanzani di Roma, in un’intervista al quotidiano ‘La Verità’.
Sputnik? “Gli studi dobbiamo ancora cominciarli. – ha spiegato Vaia – Per ora, abbiamo un articolo di The Lancet, da cui emerge che l’efficacia del vaccino è del 91,7%. Ovviamente ci sono tanti aspetti da approfondire. Siamo entrati in contatto con i russi per vie diplomatiche: l’ambasciata russa in Italia e l’ambasciata italiana in Russia. I colleghi russi sono disponibilissimi a scambiare dati e materiale biologico. La settimana prossima dovrebbe esserci la firma del memorandum, poi i colleghi russi dovrebbero venire in visita per interfacciarsi con la nostra equipe”.
I monoclonali? “Invece di agire sulla profilassi, come con il vaccino, forniamo all’organismo del malato direttamente l’arma per combattere il virus, cioè gli anticorpi sintetizzati in laboratorio. – ha continuato Vaia – Vanno somministrati nelle prime fasi della malattia, tre-cinque giorni massimo, alle persone a rischio complicanze. Stiamo usando le due tipologie approvate dall’Aifa: i monoclonali americani Regeneron ed Eli Lilly. Li stiamo dando a persone scelte tramite un formulario dei pronto soccorso e de medici di famiglia. Abbiamo 12 postazioni, li somministraiamo per via indovenosa per 60 minuti, teniamo i pazienti in osservazione per altri 60 minuti e poi li mandiamo a casa. Gli studi ci dicono che si può ridurre l’ospedalizzazione fino all’85%”.
“Io sono forse il medico d’Italia più favorevole alle aperture. E d’estate, il fatto di stare all’aperto offre meno occasioni di contagio. Ma gli spazi di libertà devono essere graduali e premiali: non dobbiamo passare da un eccesso all’altro. Inoltre, la pandemia co ha insegnato che dobbiamo coltivare stili di vita salutari”, ha concluso Vaia. ADNKRONOS