La diffusione dell’agente virale Sars-Cov2, le morti, i dolori, le sofferenze, le restrizioni, i distanziamenti, i sacrifici richiesti a lavoratori e imprese segnano il trionfo di quella che il prof. Salvatore Natoli definisce «l’etica del finito», ossia la possibilità per l’uomo contemporaneo di abitare il mondo e di fronteggiare le sue sfide senza fughe in una improbabile trascendenza, elevando in questo modo la scienza a «immutabile» severiniano, a criterio dell’agire giusto o ingiusto.
In questa prospettiva il male si rimuove per limitazione e si pongono le premesse per progettare nuovi mondi (non si parla, forse, di una società post-Covid? di una diversa normalità?). L’eschaton non coniuga più telos e skopos la cui composizione si compie a partire dall’Esse Ipsum substinens, ma è il frutto della loro collusione che porta, quale conseguenza, il dominio dell’uomo sulla natura, sull’essere.
E’ il trionfo della ragione senza Dio la quale, però, in quanto erede di Dio, si erge al posto di Dio. Questo punto di vista tende, dunque, a togliere legittimità all’eschaton, facendo slittare lo skopos umano sul telos.
Ecco, allora, che l’uomo ha bisogno di futuro, di tanto futuro. Solo, infatti, mediante una secolarizzazione dell’eschaton l’irrealizzazione in natura diviene pensabile, possibile, attuabile. Come si può ben vedere, lo spirito di questa utopia non intende più liberare l’uomo dal peccato e dal rischio di perdersi eternamente, ma dall’imperfezione e dal difetto: il passato diviene malattia, la redenzione scienza, la salvezza progresso.
Eppure, l’accantonamento della metafisica, o meglio della problematica razionale dell’intero, mette in crisi anche la ragione scientistica dal momento che toglie alla problematica delle parti ogni discussione in merito al loro fondamento. L’uomo senza Dio si chiude nel suo riduttivismo ontologico sempre più decettivo benché lo creda l’unico esistente. «E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?» (cit. Mt 6,27).
Una lezione che dal Covid non abbiamo ancora appreso.
Prof. Daniele Trabucco (Costituzionalista)