di Antonio Gurrado per www.ilfoglio.it – – Matematica a razzismo – Quanto fa sei per nove? E radice di due? E zero fratto infinito? Pensateci bene prima di rispondere; c’è il rischio che offendiate qualcuno. La nuova ambizione della civiltà americana, infatti, è di istituire una matematica antirazzista: gli ultimi sono stati i funzionari del ministero dell’istruzione dell’Oregon, che hanno annunciato linee guida per evitare ogni discriminazione nell’insegnamento della materia.
Ebbene, non sono impazziti. Già qualche anno fa una docente dell’Università dell’Illinois aveva ammonito che un’eccessiva insistenza sul teorema di Pitagora e sul pi greco potesse condurre alla convinzione che la matematica fosse un prodotto dell’Occidente, ragion per cui “chi è bravo in matematica viene generalmente percepito come bianco”.
Ma anche riviste accademiche come gli “Educational Studies in Mathematics”, pubblicati da Springer, citano con grande compunzione studi secondo cui “l’insegnamento della matematica contribuisce all’oppressione di bambini neri, immigrati e indigeni”.
È un bel problema. Con un po’ di sforzo si può espungere ogni contenuto vagamente razzista dai programmi di storia, di letteratura, di arte, di filosofia, di musica; ma dove si scova il razzismo intrinseco alle tabelline?
Matematica e razzismo
Lo spiega un lungo documento dell’associazione Todos: per evitare discriminazioni, gli insegnanti devono “introdurre la giustizia sociale nell’insegnamento della matematica”, dapprima “riflettendo su come siamo tutti toccati dal trauma razziale”, quindi “andando incontro ai bisogni emotivi degli studenti di matematica”, prendendo in considerazione gli aspetti “dinamici, politici, storici e relazionali” della materia, invitando i genitori degli alunni a partecipare attivamente alle lezioni, coinvolgendoli nella valutazione dei figli, ma soprattutto riconoscendo che “l’ideologia bianca permea l’insegnamento della matematica” e quindi “la bravura in matematica nasconde pregiudizi razziali”. Solo così potremo creare un mondo perfettamente egualitario, in cui nessuno sappia risolvere un’equazione di secondo grado.