Alla fine Giuseppe Conte è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Roma per la storia della sua scorta che ha “aiutato” la compagna Olivia Paladino a sfuggire alle domande di Filippo Roma delle Iene. L’accusa non è abuso d’ufficio ma peculato perché secondo il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pubblico ministero Carlo Villani, che hanno ascoltato l’inviato della trasmissione Filippo Roma e acquisito alcuni video, avrebbe “prestato” la sua scorta alla compagna.
Conte indagato: l’accusa è peculato
Il peculato, previsto dall’articolo 314 del Codice Penale, è il reato che commette il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che ha il possesso di denaro o di altra cosa mobile altrui e se ne appropria ovvero ne fa un uso personale. È punito con la reclusione da quattro a dieci anni e mezzo. La storia è nota: il 26 ottobre scorso la compagna del premier Olivia Paladino era braccata in pieno centro da Filippo Roma delle Iene e da una troupe che volevano chiederle un commento sul padre, Cesare Paladino, e sul patteggiamento per il mancato versamento della tassa di soggiorno per un hotel di cui è proprietario. Oliva Paladino è entrata per nascondersi nel supermercato di piazza Fontanella Borghese, a qualche centinaio di metri da Palazzo Chigi. Poco dopo è arrivata la scorta di Conte e l’ha portata via.
Il dubbio, sollevato da Roberta Angelilli di Fratelli d’Italia in un esposto inviato a piazzale Clodio, è che ci sia stato “un uso improprio della scorta”. Una relazione del ministero dell’Interno sulla vicenda sostiene che gli uomini della scorta del presidente del Consiglio fossero in “servizio di osservazione e controllo” sotto l’abitazione e siano stati richiamati dalla confusione generata nel supermercato: l’agente l’ha aiutata ad uscire e lei sarebbe rientrata a casa senza salire su alcuna auto blu. La relazione precisa che il premier non ha avuto alcun ruolo nella vicenda, di cui è stato informato solo successivamente.
Nell’informativa del Viminale si sostiene anche che un agente si trovasse sotto l’abitazione di Paladino perché Conte si trovava nell’appartamento. I magistrati hanno convocato Filippo Roma come persona informata sui fatti e lui, come ha raccontato ieri La Stampa, ha smentito questa circostanza. Roma ha detto ai magistrati di essersi piazzato sotto casa di Paladino sin dalle 7 del mattino e di non aver mai visto né gli agenti della scorta appostati di fronte, né auto blu.
La procura di Roma ha inviato al tribunale dei Ministri gli atti relativi all’indagine. Ricevuti gli atti, il tribunale dei Ministri entro novanta giorni, compiute indagini preliminari e sentito il pm, può decidere l’archiviazione – nel qual caso il decreto non è impugnabile – oppure la trasmissione degli atti con una relazione motivata al procuratore della Repubblica, affinché chieda l’autorizzazione a procedere. Repubblica scrive oggi che il reato potrebbe però trasformarsi in abuso d’ufficio.
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