Terrorismo islamico: basta con gli anestesisti della politica

di Vittorio Zedda – –  Il terrorismo islamico (non islamista) colpisce l’Occidente da circa mezzo secolo. L’Italia subì vari attentati: a Fiumicino nel 1973 (34 morti e 15 feriti) e nel 1985 (16 morti e 80 feriti); nel 1982 alla sinagoga di Roma dove morì il piccolo Stefano Gaj Taché e 37 persone furono ferite; poi ancora nel 1985 l’attacco terroristico alla nave “Achille Lauro”, con l’uccisione di un disabile, gettato a mare dai terroristi, che torturarono per ore alcune persone. Quanto sopra tanto per rievocare fatti che ci riguardano, che pochi ricordano e che il “politicamente corretto” vieta di commemorare.

Sorte peggiore toccò a tanti altri paesi europei per numero di attentati e di vittime, che si contano ormai a migliaia. Ricordiamo la Francia, ancora duramente colpita, la Spagna, la Germania (a cominciare da Monaco, nel 1972), l’Inghilterra, l’Ossezia del Nord (con i morti di Beslan), gli USA (da Oklahoma City a New York )ecc. Cercando su Google l’elenco degli attentati islamici ,e invito chiunque a farlo, si trovano centinaia di pagine di date e notizie.

Ora, in tempi di pandemia, con la crescente aggressività di Erdogan e gli ultimi attentati in Francia, la “guerra terroristica” è entrata in una fase critica e non a caso il Presidente della Repubblica italiana ha convocato a Roma il Consiglio Supremo di Difesa. Sul sito del Quirinale potete leggere lo strigato resoconto della seduta. Il linguaggio misurato e i toni smorzati forse accrescono la preoccupazione, più che rassicurarci.

Quella che all’inizio del suo pontificato Papa Francesco chiamò una “guerra mondiale a pezzetti”, richiederebbe ora una chiara, salda e decisa presa di posizione dei vertici dello stato. Invece i cosiddetti vertici, pur menzionando quasi di sfuggita un imprecisato terrorismo di non citato autore, non sembrano nemmeno capaci di dire semplicemente le cose come stanno.

Nei confronti di tagliatori di teste e sgozzatori continua il soporifero, mesto tono anestetizzante della politica nazionale italiana, europea e pure vaticana. L’espressione di un formale e cupo cordoglio proviene sommesso da chi dovrebbero guidarci in questo mondo di barbarie e di violenza verso un deciso riscatto civile e almeno una speranza di pace. Mentre “menano il can per l’aia” non sanno dire né fare qualcosa che ci liberi dalla sensazione che questa politica, timorosa verso l’islam, ci stia tramutando in un gregge di pecore invitato garbatamente ad affrettarsi verso il mattatoio.

Mi si perdoni la metafora, ma io ne ho le tasche piene. Per giunta, vedo una Milano troppo rassegnata e poco reattiva di fronte ad una barbarie che, se provenisse da qualsiasi altra matrice religiosa e politica, avrebbe già incendiato l’intero occidente europeo. In piazza ci andrei subito, con o senza coprifuoco. Il resto, solo a voce. (V.Z.)