Né complottisti né ingenui

di Giuseppe Matranga – Oggigiorno si usa e spesso si abusa dell’appellativo “complottista” recriminando, accusando e omogeneizzando l’eventuale “complottista” con decine di altre categorie discriminatorie e offensive che si accomunano alla categoria di tutti coloro “che non credono esattamente a come ce la raccontano”, e allora si fa uso di parole come: novax, terrapiattista, rettiliano, negazionista.

A nostro parere le categorie sopramenzionate hanno poco a che fare l’una con l’altra se non per un comune cardine di fondo, il dubbio. Eppure è proprio il dubbio che ha permesso all’uomo, alle scienze, alla filosofia, di evolversi di continuo alla ricerca della verità,  e se esso non esistesse probabilmente vivremmo in una realtà (ahinoi molto prossima) vicina a quella immaginata da Huxley negli anni Trenta, un mondo in cui tutti gli uomini nascono già ben condizionati se non addirittura preconfezionati e totalmente privi di una coscienza di sé e del mondo che li circonda se non all’interno dei canoni che ad essi sono stati installati sin dalla nascita.

so di non sapere” – Socrate

Alla luce di tale ragionamento dovremmo forse ringraziare, certo con le dovute precauzioni, tutti quei liberi pensatori, filosofi, scrittori, giornalisti e anche semplici cittadini, che non assorbono ciecamente tutto ciò che gli viene raccontato dagli enti di informazione, ma tentano di supporre e ragionare realtà alternative a quelle descritte al solo scopo di pensare altrimenti e instillare un dubbio anche sul prossimo loro, unica via per raggiungere una vera verità .

Posta tale prefazione ci accingiamo ad analizzare alcuni potenziali ragionamenti su ciò che accade nei tempi a noi strettamente contemporanei, visti sotto una luce alternativa alla comune vulgata nazionale e internazionale proposta a reti unificate.

La popolazione si è ormai divisa, nulla può più riportare una sorta di equilibrio tra le persone affinché tornino a sentirsi parte di popolo unico, e ultimamente si è divisa a causa dell’interpretazione delle scelte governative in merito alla gestione della pandemia da coronavirus; ci si divide ormai tra lealisti e negazionisti, senza vie di mezzo, senza porsi di fronte alcun ragionamento e confronto dietrologico su quello che è stato e che sarà il corso degli eventi, che in un modo o nell’altro ha già compromesso le nostre vite e rischia di continuare a comprometterle irreversibilmente.

Chi scrive ha certamente notevoli riserve in merito alla gestione dell’emergenza, sia sul piano sanitario, che giuridico, che economico,  financo sulla stessa definizione di “stato d’emergenza”; certamente però non è quello di screditare o negare situazioni di fatto lo scopo di questa trattazione, bensì quella di portare il lettore a ragionare su alcune ipotesi che anche se largamente difficili da accettare risultano singolarmente più che plausibili.

Il virus colpisce principalmente e con maggior forza la persone in età più avanzata, coloro che fanno parte della cosiddetta terza età,  coloro che hanno delle patologie pregresse e croniche, eppure sembra che si voglia da una parte condizionare la componente più giovane della società, colei che di fatto in modo diretto è largamente meno vulnerabile alla potenziale malattia covid 19, dall’altra addirittura colpevolizzarla del ritorno all’aumento dei contagi,  accusandola di menefreghismo,  di mancanza di responsabilità , di senso del dovere e civico.

Siamo già alla fine di Ottobre,  e a distanza di ben due mesi (nonostante il periodo di incubazione della malattia sia ormai accertato in un intorno di due settimane), si continua a imputare la seconda ondata di contagi all’”estate da liberi tutti“ che in gran parte ci siamo in effetti concessi, non grazie al nostro senso di irresponsabilità, bensì grazie esclusivamente alla quasi totale cessazione di tutta una serie di protocolli di comportamento che sono venuti meno dalle istituzioni nei mesi tra luglio e agosto; di fatto a nostro parere, se siamo tornati a uscire, a divertirci, a incontrare gli amici e a fare l’amore, lo abbiamo fatto seguendo ed eseguendo le prescrizioni che ci venivano date dalle istituzioni e non è perciò in alcun modo imputabile ai cittadini alcuna colpevolizzazione sui comportamenti da essa tenuti negli scorsi mesi, sia dal punto di vista giuridico, sia da quello logico-cognitivo visto che la tempistica di incubazione potenziale è già stata largamente superata da diverse settimane.

Il profilo personalistico della valutazione è direttamente legato alla categoria di appartenenza, così come ci si differenzia tra classi sociali, etnie, religioni, anche la fascia d’età è una discriminante di notevole importanza nella categorizzazione dei soggetti in quanto portatori di interessi comuni, indi ragionando sul fatto che le categorie più anziane siano maggiormente a rischio, è plausibile che i singoli di età più avanzata siano più interessati e preoccupati sull’argomento coronavirus e perciò abbiano un atteggiamento più cauto e autoconservativo costi quel che costi. Come ogni ragionamento di classe però bisognerebbe a questo punto soffermarsi, su quale di queste categorie detenga il potere, e come è normale che sia la classe dirigente del nostro paese è composta in larga parte da persone della terza età, è perciò  ragionevole pensare che essi presi singolarmente ma anche in virtù di categoria siano maggiormente predisposti ad essere in una condizione di paura per la loro stessa vita e conseguentemente avere un approccio dirompente sulle prescrizioni da adottare per limitare la diffusione del virus, costi quel che costi.

Ogni parte politica è portatrice di interesse di specifiche categorie, e su questo è a nostro avviso importante soffermarsi in merito al giudizio dei singoli provvedimenti, ma anche dichiarazioni, delle differenti parti politiche facenti parte della maggioranza di governo e delle opposizioni nel corso degli ultimi nove mesi, ovvero dalla data in cui si è palesato il problema nel nostro paese.

Forse non tutti ricorderanno, ma sarebbe bene ricordarlo, come le versioni e gli atteggiamenti degli esponenti dei partiti di governo e di minoranza si siano del tutto invertite nel corso di poche settimane, a tal proposito rammentiamo una breve cronistoria.

A febbraio, quando i primi contagi in territorio italiano si erano già manifestati, Zingaretti e Sala (segretario nazionale e sindaco di Milano appartenenti al PD) si erano espressi in modo del tutto sminuente del rischio contagio e del rischio che l’epidemia sviluppatasi in Cina potesse trasformarsi in una pandemia globale; con i motti “abbraccia un cinese”, “facciamo tutti ape a Chinatown” & “Milano non si ferma” si mostrarono in ridicole pose fotografiche, rilasciando dichiarazioni – che oggi li delegherebbero immediatamente alla categoria di negazionisti – in difesa della comunità cinese  e di tutto l’indotto che ne derivava, partendo dalla ristorazione fino al semplice commercio al dettaglio.

Orbene, nonostante chi scrive sia totalmente d’accordo sull’idea che fosse del tutto illogico e insensato colpevolizzare o temere la comunità cinese (in gran parte residente in Italia da anni e mai recatasi nel paese di origine negli ultimi tempi), gli esponenti del PD a suo tempo si espressero così solo in difesa di una gran parte del loro elettorato di cui sono portatori di interesse, infatti non è certo un mistero che la sinistra italiana (definizione che utilizziamo con ampie riserve) sia negli ultimi tempi accomunata alla difesa dei diritti civili delle minoranze, siano esse etniche, sessuali, religiose , e mai di classe, nonché sia ormai paladina di quella parte di società definita radical chic, ovvero quella fetta di popolazione di cultura medio alta e progressista che si schiera ormai in difesa di tutti meno che dell’Italiano medio.

Al contempo gli esponenti della destra parlamentare, gridavano all’immediata necessità di apportare misure di intervento per contrastare la diffusione dei contagi in voce all’interesse della sicurezza nazionale, e nello specifico a chiudere qualsiasi forma di collegamento con la Cina.

Anche in questo caso in quel momento dovremmo ragionare su quali fossero le categorie di cui essi si facevano portatori di interesse, e a tal proposito sarebbero da menzionare le componenti più nazionaliste del paese, accomunate da un diffuso sentimento di paura dello straniero e volontà protezionistica della cultura nonché dell’economia nazionale, componente di consenso elettorale che negli ultimi anni ha di fatto centralizzato l’argomento del dibattito sul tema immigrazione.

Bastarono pochi giorni, affinché esplodesse numericamente un’innegabile e palese diffusione del virus sul nostro territorio,  e contestualmente si ridisegnassero completamente gli atteggiamenti degli esponenti politici sopramenzionati ribaltandone del tutto le opinioni.

Il Governo, rappresentato dalle fronde di 5Stelle e PD,  nonché dalla figura di Giuseppe Conte (argomento personale che tratteremo più avanti) di giorno in giorno iniziò a varare provvedimenti sempre più restrittivi sul piano delle libertà individuali e di esercizio economico della libertà d’impresa, i suoi leader intervistati di continuo e prestatisi a continue dichiarazioni invocavano il lockdown nazionale (termine che avremmo imparato a conoscere soltanto qualche settimana dopo, nonché frutto della nostra oramai spietata esterofilia linguistica) fino a tempo indeterminato.

Ma tornando al ragionamento riguardante le categorie di cui essi sono portatori di interesse e si fanno portavoce: il Partito Democratico non è forse storicamente sostenuto da quella grande fetta di dipendenti pubblici, insegnati, amministrativi, ma anche liberi professionisti di spicco frequentatori di Capalbio e residente ai Parioli, che rivestono perfettamente la figura del progressista radical chic?  E non è forse essa l’unica categoria che dalla quarantena obbligatoria nazionale e dallo smart working (altro termine esterofilo nonché impropriamente utilizzato) ha ricevuto solo esclusivamente benefici, ovvero si è trovata a lavorare, qualora le mansioni lo permettessero, o magari si sia trovata in una sorta di ferie obbligatorie, trovando il tempo di dedicarsi a cantare alla finestra e cucinare pranzi e cene luculliane, qualora fossero l’unica categoria a continuare ad essere remunerata puntualmente come se nulla fosse e a non correre alcun rischio professionale?

Gli esponenti di destra invece, anch’essi ribaltando atteggiamento, nelle figure di Salvini in primis e di Meloni in secundis,  non iniziato forse a gridare al golpe, allo stato terapeutico, alla violazione di diritti costituzionali perpetrati a scapito dei cittadini?

Ma di chi è portatore d’interessi questa destra nazionale se non di Confindustria e di tutta quella fascia di grandi imprenditori , soprattutto del nord, che ovviamente da un’eventuale e poi protrattasi quarantena obbligatoria aveva già dedotto gli ampissimi squilibri economici e le enormi perdite finanziarie che ne sarebbero derivate , e che infatti come era ovvio aspettarsi, si sono verificate e continuano a verificarsi?

Adesso dopo ben nove mesi dall’inizio del problema tali discussioni, dissidi e volteggi d’opinione continuano a ripetersi, non pensate sia forse il caso di iniziare a comprendere che nessuno di essi ha in mente un interesse collettivo nazionale, ovvero una prospettiva che riguardi tutti noi cittadini, bensì sia soltanto portavoce e talvolta lacchè dei singoli interessi appartenenti alle categorie che rappresentano e dalle quali di fatto dipende il loro consenso?

Non è forse lecito pensare che la primazia di ogni politico, in veste di uomo o donna, ma anche di partito, sia quello di raggiungere maggiore consenso pubblico, da cui ne deriva il consenso elettorale, da cui ne deriva il relativo grado di potere? Detto ciò è ancora un atteggiamento intelligente aspettarsi che la classe dirigente, in questo caso in veste delle istituzioni di governo , faccia sempre il nostro interesse, che pensi esclusivamente alla nostra salute?

Tutto il Mondo sta operando allo stesso modo dell’Italia, beh anzitutto non è del tutto così dal momento che nel Mondo esistono ben 208 paesi e sfido chiunque a dichiarare di essere informato su almeno la metà di essi, tralasciando il fatto che le informazioni che ci giungono sono largamente filtrate dai nostri stessi canali di informazione, anche in merito alle nazioni più importanti, sia vicine che lontane.

È certamente vero che la pandemia (considerato il suo significato linguistico riguarda una vastità di territori e una tendenza a divenire globale) sta riguardando praticamente il Mondo intero in misura più o meno equivalente e che gran parte degli stati , con tempistiche e modalità differenti stiano applicando quarantene e misure restrittive facilmente accomunabili le une alle altre, è però altrettanto vero che anche a livello internazionale gli uomini, come tutti i mammiferi, siano portati spesso anche inconsciamente a meccanismi di autoconvincimento su idee maggioritariamente diffuse e al più semplice dei meccanismi comportamentali, quale l’imitazione.

Non è perciò del tutto assurdo e incoerente poter considerare che i comportamenti e le prescrizioni adottate dai vari governi nazionali si siano diffusi semplicemente in forza del sentimento di paura, che certamente aggrava le condizioni di ragionamento obiettivo dei singoli e delle masse, nonché della semplice imitazione, fattori che contestualmente possono provocare la diffusione dei medesimi comportamenti adottati da alcuni e ripetuti da altri, che in uno schema sociologico di massa, non fa altro che autoalimentarsi man mano che lo stesso comportamento diventa quantitativamente e geograficamente più diffuso. Lo stesso meccanismo una volta aver coinvolto una maggioranza considerevole, non fa altro che mettere a rischio la reputazione di coloro che vi si oppongono, spingendo fortemente affinché essi si conformino alla maggioranza, e così sulla stessa falsa riga in pochi mesi è avvenuto che molti dei governi che in una fase iniziale si mostravano in controtendenza abbiano dovuto uniformarsi agli altri per non correre il solo rischio di essere screditati a livello internazionale e di perdere il loro sostegno politico da parte delle rispettive opinioni pubbliche nazionali. (Il caso britannico di Boris Johnson ne è un esempio lampante).

Il caso presidenziale e le figure dei leader che si avvicinano alle figure di dittatori benevoli. Nel nostro paese certamente la figura di Giuseppe Conte ha acquisito una notevole importanza sia sul piano politico che personale; colui che da alcuni viene appellato come il ducetto Giuseppi, gode a tutt’oggi di ampio consenso popolare, e se non fosse che ci troviamo in una situazione di emergenza (lemma da utilizzare con molta cautela) probabilmente si troverebbe in situazione del tutto diversa, basti ricordare come egli sia prima divenuto Presidente del Consiglio uscito un po’ dal cilindro di Di Maio e Bonafede rappresentando un governo gialloverde, e pochi mesi dopo abbia personalmente rinnegato qualsiasi legame allo stesso governo da egli presieduto per ricoprire la stessa carica con un governo del tutto opposto, il famigerato giallorosso, definito giallofucsia per la sua tinta liberal-progressista. (Fusaro)

Trovandosi a ricoprire la carica di paladino di partiti opposti non avrebbe mai potuto godere di un consenso popolare di maggioranza, dovendo per forza di cose raccogliere l’odio del tradimento dagli elettori di destra, e l’antipatia dovuta alla precedente esperienza come capo degli avversari politici dagli elettori di sinistra, eppure grazie alla situazione emergenziale da coronavirus egli ha come costituito un polo politico a se stante, una terza via impersonata solo da lui, senza sigle di partito ne ideali di riferimento, un consenso personalistico che pochi nella storia anno ottenuto.

A nostro avviso tutto ciò è stato reso possibile esclusivamente grazie un altro fenomeno sociologico, già ben studiato e confermato empiricamente da anni: il processo di crescita del consenso del leader in situazioni di enorme rischio e paura diffusa, ne fu dimostrazione il caso di Fracois Hollande durante gli attacchi terroristici di Parigi nel 2015, George W. Bush durante l’attacco alle torri gemelle e la conseguente guerra prodotta in Afghanistan.

Allo stesso modo la pandemia ha permesso di riportare in auge le figure politiche di diversi soggetti a noi vicini, abbiamo fatto riferimento a Conte, ma potremmo dire la stessa cosa di Angela Merkel, che in Germania dopo anni di calcellierato stava entrando in una profonda crisi di governo, Emmanuel Macron,  che per lunghissimi mesi ha dovuto contrastare continue manifestazioni a cadenza settimanale da parte dei gilet gialli, decine di migliaia di contestatori che spesso e volentieri sfociavano in guerriglia urbana. Questi tre menzionati sono esempi lampanti di come la situazione di emergenza sia volta a favore degli enti governativi e delle persone che ne ricoprono le cariche, quindi potremmo facilmente asserire che volenti o nolenti la pandemia ha in qualche modo avvantaggiato le loro figure politiche, nonché dato la possibilità di impedire potenziali espressioni di dissenso popolare , vietando manifestazioni pubbliche e aggregazioni di persone -causa rischio contagio – e dato la possibilità di screditare mediaticamente tutti coloro si mostrassero intellettualmente contrari alle procedure imposte dal governo appellandoli come negazionisti.

 Cosa ha fatto il Governo italiano negli ultimi sei mesi per contrastare la seconda ondata? Probabilmente ben poco, ma la questione su cui concentrarci, in questa sede di pensieri dissidenti, risulta essere: oltre al risultato in cui ahinoi siamo ormai immersi, essa è frutto di incompetenza, inadeguatezza o potrebbe esserci della mala fede?

In effetti tornando al primo argomento da noi trattato, in cui ci soffermavamo sulla colpevolizzazione dei giovani e sul laissez faire dei mesi estivi, adesso nel mese di Ottobre, nonostante la realtà sia in continuo divenire, possiamo già tirare delle somme parziali e tutto considerato non ci torna in mente altro che: già dal mese di Maggio, sia il comitato tecnico scientifico, sia gli attori di governo non facevano altro ché ripeterci che in autunno ci sarebbe stata una seconda ondata, forse più violenta della prima, ma alla fine durante questi sei mesi trascorsi se volessimo fare un sunto dei provvedimenti fattuali del nostro paese per difendersi dal ritorno del virus cosa avremmo da menzionare oltre ai banchetti con le rotelle e alle continue quanto inutili discussioni sul MES?

La macchina pubblica ha in gran parte smesso di funzionare, le scuole sono state riaperte nonostante i fantomatici banchetti siano ancora in gran parte un miraggio, i trasporti pubblici non sono stati implementati e continuano ad essere stracolmi, non sono stati assunti medici e infermieri (che abbiamo addirittura raccattato da altre parti del mondo quando era stato necessario), non sono stati riaperti decine e centinaia di presidi ospedalieri chiusi grazie alla spending review, non sono state implementate quanto dovevano le famose terapie intensive, non hanno trovato un metodo serio e valido affinché i malati di altre patologie (oltre al coronavirus) potessero usufruire di diagnostica e cure degne di un paese civile invece che trasformarli in malati di serie b; e invece oggi ci troviamo a dover contrastare la malattia e avere paura di nuovo è ancora di piu, dando la colpa ai cittadini senza pensare a chi doveva fare e non ha fatto.

È qui che allora sorge il dubbio sulla mala fede, considerato tutto ciò che poteva essere fatto e i tempi trascorsi, non è forse plausibile che il governo abbia atteso con ansia questa seconda ondata, per far si che potesse ristabilire le condizioni di emergenza, infondere a ragion veduta nuovi timori nella popolazione e andare nuovamente alla ricerca di un consenso che in altre condizioni, non per niente la crisi economica più grande di tutti i tempi, sarebbe già perduto, vedrebbe continue manifestazioni di piazza e potenziali rischi di insorgenza di rivolte e violenze.

Certamente non siamo noi che scriviamo a conoscere la realtà delle cose e non ci ergiamo certo a diffusori di verità nascoste, piuttosto ci piacerebbe che in voi lettori si instillasse una piccola pulce nell’orecchio, un’idea che sia frutto del ragionamento, una concezione che spesso parole e azioni non sono frutto dei singoli ma di strategie ben studiate, altre volte frutto esclusivo dell’inconscio singolare e di massa, dubitare non è un peccato, piegare la testa come pecore e seguire un pastore che potrebbe anche condurci al macello lo è.

“ per la libertà e affinché siamo popolo pensante e non gregge inerme “

Giuseppe Matranga