Andrea Crisanti, considerato l’artefice del ‘metodo Veneto’ parla chiaro. “Il virus – spiega Crisanti alla Stampa – non lo fermiamo più né con il contact tracing e nemmeno con quello che chiamiamo network testing”. Tanto per capire, aggiunge, “il metodo che abbiamo utilizzato a Vo’ Euganeo o al Senato, testando un’intera comunità a rischio di contagio”. Soluzioni? “Con questi numeri – dichiara il professore dell’”Imperial College” – bisogna diminuire i contatti personali e passare a chiusure via via più estese”, perché c’è ben poco da illudersi: “Il virus passerà inesorabilmente dai giovani agli anziani facendo salire ricoveri. E purtroppo anche i decessi”.
Quindi torna a ribadire: “Diminuire i contatti interpersonali come già si cerca di fare, – prosegue alla Stampa – per poi passare via via alla chiusura delle attività meno essenziali e, se si rendesse necessario, alle altre. Altrimenti bisognerà girare quello che gli inglesi chiamano l’interruttore di trasmissione: ci fermiamo tutti per due tre settimane. Con 40 milioni di investimento potremmo acquistare i macchinari capaci di processare più tamponi in meno tempo e con minor uso di reagenti, come abbiamo fatto a Padova. Il costo a regime sarebbe di due milioni al giorno. Con il modo che abbiamo oggi di eseguire i test stiamo spendendo di più”. affaritaliani.it
‘Crisanti non è microbiologo né virologo. Né ha mai visto un paziente in vita sua’
‘Crisanti non è microbiologo né virologo. Né ha mai visto un paziente in vita sua’