Lettere di Berlicche: “un campo di concentramento con prigionieri volontari”

“- Come hai fatto a portare così tante anime all’inferno in quel momento?

– Con la paura. Oh sì! Una strategia eccellente, vecchia ma sempre attuale.

– Ma di cosa avevano paura? Di essere torturati? Delle guerre? Di morire di fame?

– No, no. No. Era la paura di ammalarsi!

– Ma poi non c’era nessuno che si ammalasse?

– Sì, si sono ammalati.

– Non è morto nessuno?

– Sì, sono morti.

– Allora non esisteva una cura per quelle malattie?

– Sì, ce n’era.

– Allora non capisco…

– Visto che nessuno gli ha insegnato che la vita e la morte fossero eterne, loro pensavano di avere una sola vita, e cercavano di conservarla, anche a costo di perdere tutti i sentimenti più preziosi (non si abbracciavano, non si salutavano, non hanno avuto contatti umani per giorni) ; hanno finito i loro soldi (hanno perso il lavoro, hanno finito i risparmi), ma si sentivano fortunati, malgrado tutto.

Hanno perso la loro intelligenza (una volta la stampa diceva una cosa, e il giorno dopo diceva la cosa opposta, ma loro hanno creduto a tutto! ).

La loro libertà? Non uscivano di casa, non andavano a trovare i parenti… era un campo di concentramento con prigionieri volontari!!! Ah, ah, ah! ).

Hanno accettato tutto pur di prolungare la loro patetica vita solo per un giorno.

Non sapevano che Lui, solo Lui ed è Lui che dà vita e la fa terminare.

È successo così, ed è stato facile, come sempre “.

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