Di Alfredo Lonoce – – Una rondine non fa primavera, c’è bisogno di molte rondini.
La lettura della sentenza n. 516 del Giudice di Pace di Frosinone, Avvocato Manganiello, emanata il 5 luglio e depositata il 29 luglio 2020 induce ad alcune riflessioni.
Quel Giudice ordinario, come avevo avuto occasione di argomentare in precedenza in tutti i miei scritti, ha dato atto della illegittimità della delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 con cui era stata dichiarata l’emergenza da coronavirus per la durata di sei mesi (fino al 31 luglio 2020) utilizzando impropriamente la legge sulla protezione civile (D.Lgs.n.1/2018) che invece prevede poteri straordinari in favore del presidente del consiglio e del capo della protezione civile solo in caso di calamità naturali.
Dunque tutti i Dpcm, nessuno escluso, emanati in completa solitudine dal presidente del consiglio Prof. Avv. Giuseppe Conte dovrebbero essere incostituzionali.
Anche il lockdown che ne è seguito, con il conseguente gravissimo danno per l’economia nazionale, dovrebbe essere pure esso incostituzionale per violazione dell’art.13 della nostra Costituzione.
A questo punto c’è da chiedersi se sia stato lecito, sotto il profilo strettamente penale, che il governo per oltre due mesi abbia privato i cittadini italiani della loro libertà personale, disponendo di fatto arbitrariamente per tutti gli arresti domiciliari, pur in assenza di un provvedimento giurisdizionale.
Ed infine occorre domandarsi se le Forze dell’Ordine che hanno eseguito le disposizioni amministrative impartite dal governo avevano il potere di sindacare sul contenuto di ordini palesemente illegittimi, o avrebbero potuto disattenderli senza alcuna conseguenza derivante dal rapporto gerarchico che li lega alla pubblica amministrazione e se, avendoli invece eseguiti, potrebbero essere ritenuti responsabili di abuso d’ufficio (art.323 cod.pen.).
Il coraggioso precedente del Giudice di Pace di Frosinone (vedi in fondo all’articolo), secondo il quale la dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio è illegittima ed i conseguenti Dpcm e successivi atti amministrativi emanati dal presidente del Consiglio dei ministri appaiono incostituzionali e pertanto devono essere disapplicati, purtroppo vale soltanto nei confronti del soggetto che ha proposto opposizione innanzi al Giudice ordinario avverso l’ordinanza-ingiunzione emanata dal Prefetto e potrà costituire un precedente giurisprudenziale utile per tutte le altre opposizioni.
Infatti quella sentenza del Giudice di Pace non è sufficiente per invalidare, come invece sarebbe potuto avvenire attraverso una dichiarazione di incostituzionalità, tutta l’architettura governativa su cui è stata poggiata ogni disposizione emanata dal premier Conte durante l’emergenza da Covid-19.
Con uno sforzo in più ed uno sguardo più attento verso gli interessi della Giustizia quel Giudice di Pace avrebbe potuto investire della vicenda la Consulta perché si pronunciasse sulla incostituzionalità delle norme che nella citata statuizione giurisdizionale si è invece limitato a disapplicare, come era suo diritto e dovere dell’ufficio giudiziario cui apparteneva.
Duole dover rilevare che dinnanzi ad una serie di Dpcm incostituzionali ed illegittimi cui hanno fatto seguito decreti legge convertiti in legge dalla maggioranza parlamentare non ci sia stato un solo parlamentare della Repubblica che abbia avuto il coraggio di adire direttamente la Corte Costituzionale per sollevare il conflitto di attribuzione?
Dovrebbero sapere i nostri parlamentari che con ordinanza n.17/2019 la Consulta ha affermato il principio che il singolo parlamentare, quale titolare di un potere dello Stato, ha la possibilità, la facoltà, la legittimazione attiva ed il diritto di proporre ricorso diretto alla Corte e nessuno fino ad ora ha ritenuto di farlo. Perchè?
Ma domani è un altro giorno e la battaglia per il diritto e l’affermazione della Giustizia continuerà il suo percorso ormai già tracciato, fino alla vittoria!