Crisi coronavirus, così l’Olanda ricatta le ex colonie con riforme ‘lacrime e sangue’

Nessun sussidio a fondo perduto, ma prestiti condizionati all’obbligo di riforma. È questo l’aiuto offerto dal Governo dei Paesi Bassi alle ex colonie d’oltremare come le isole di Sint Maarten, Aruba e Curaçao. In difficoltà per la crisi del coronavirus, i territori d’oltremare del Regno dei Paesi Bassi – oggi autonomi politicamente – hanno chiesto sostegno all’esecutivo de L’Aia. Ma in risposta dall’Olanda è arrivata una ricetta di austerity economica. Una scelta politica considerata cinica e per niente solidale dall’organizzazione One World.

Il precedente – -L’esecutivo guidato dal liberale Mark Rutte – protagonista di recente delle tensioni politiche interne all’Ue che vedono l’Olanda e gli altri Stati ‘frugali’ contrari ai piani di solidarietà interna – “non dà il sostegno per scontato” e “la miseria sulle isole sembra essere un’eccellente opportunità per avanzare richieste precise”, a quanto riporta l’organizzazione per i diritti delle minoranze.

L’atteggiamento dell’attuale compagine di Governo “non è una novità” secondo gli attivisti. “I Paesi Bassi aiutano da anni” le ex colonie, come quando l’uragano Irma ha devastato Sint Maarten. Ma l’aiuto olandese arriva “solo se vengono rispettate certe condizioni”. Anche nel contesto del disastro naturale, I Paesi Bassi hanno concesso aiuti economici subordinati a condizioni di risanamento strutturale dell’economia dell’isola, con l’imposizione di riforme ‘lacrime e sangue’, oltre all’obbligo di coinvolgere le forze militari nel controllo delle frontiere esterne.

Anche adesso il Governo de L’Aia offre alle isole risorse ‘fresche’ ma pretende tagli alla spesa pubblica. “Nel Regno dei Paesi Bassi, come nell’Unione europea, esiste un accordo in base al quale i partner si aiutano a vicenda e mostrano solidarietà e aiuto nei momenti di necessità”, ricorda l’attivista Natasja Gibbs. Quella tra l’Olanda e le ex colonie dovrebbe essere “una partnership paritaria” ma è tale solo “sulla carta”. I Paesi Bassi si attivano infatti nei momenti di crisi “per monitorare la gestione finanziaria delle isole, ma non quando si tratta di difendere i diritti umani”, conclude la Gibbs. “

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