Nel mirino dei boss della mafia ci finisce Massimo Giletti, il conduttore di Non è l’arena, su La7. E ci finisce proprio per la sua trasmissione, per lo scoop con Nino Di Matteo e per le inchieste sui boss scarcerati durante l’emergenza coronavirus. Il caso, clamoroso e inquietante, viene rivelato da Repubblica, che dà conto delle intercettazioni di Filippo Graviano, risalenti allo scorso 11 maggio, lo stesso Graviano condannato per le stragi di mafia del 1992 e 1993.
Durante l’ora d’aria, il boss non usava mezzi termini. Parlando con l’ndranghetista Maurizio Barillari, e facendolo ad alta voce, come se volesse essere sentito dagli agenti e mandare un preciso messaggio, una precisa minaccia, affermava: “Quell’uomo… di Giletti e quel… di Di Matteo stanno scassando la minc***”. E ancora: “Il ministro (Alfonso Bonafede, ndr) fa il suo lavoro e loro rompono il ca***”. Il tema, ovviamente, le scarcerazioni dei boss.
Lo scoop è nel libro di Lirio Abbate, vicedirettore de L’Espresso, U Siccu – Matteo Messina Denaro: l’ultimo capo dei capi (Rizzoli), in edicola da oggi, martedì 14 luglio. E tra i minacciati c’è proprio lo stesso Abbate, nel mirino di Giuseppe Graviano, fratello di Filippo, parimenti al 41 bis. La “colpa” di Abbate? Aver preso parte alla puntata di Non è l’Arena del 10 maggio scorso, chiamando in causa appunto i due Graviano, tra i più sanguinari boss di Cosa Nostra e custodi di tanti misteri. Nelle informative dei poliziotti del Gom, inoltre, si legge: “La sera del 10 maggio, quasi tutti i detenuti al 41 bis erano davanti al televisore”. A guardare Giletti, Abbate e Non è l’Arena. Insulti anche per Rita Dalla Chiesa, la figlia del prefetto ucciso nel 1982 a Palermo, anche lei spesso ospite di Giletti.