La grazia a Silvio Berlusconi in cambio del ritiro definitivo dalla politica. La trattativa tra Giorgio Napolitano e il leader di Forza Italia nell’estate 2013, subito dopo la sentenza di condanna a 3 anni e 8 mesi per frode fiscale del Cav nel processo Mediaset Agrama è nota. Ma prende tutt’altra una luce dopo la pubblicazione dell’intercettazione in cui il giudice Amedeo Franco, relatore della corte, in quegli stessi giorni ammetteva con l’ex premier che la condanna era stata “pilotata dall’alto”, con tanto di “pressioni” sul presidente della Corte Antonio Esposito. “Uno schifo”, per usare le parole del magistrato morto nel 2019. Una bomba che travolge magistratura e Quirinale, visto che molti in quel “dall’alto” hanno inteso proprio il Colle.
Augusto Minzolini ricostruisce sul Giornale come avvenne quella trattativa: “In un pomeriggio afoso, nella Roma agostana semideserta, la berlina presidenziale, con al seguito auto di scorta e corazzieri motociclisti, si fermò davanti al civico di via Bruno Buozzi ai Parioli, dove ha lo studio il noto penalista, Franco Coppi, che assisteva Berlusconi nel processo per frode fiscale”.
Fu Napolitano in persona, non un suo collaboratore o consigliere, a gestire la trattativa. “Salì al piano dello studio del principe del Foro” per trattare la resa del Cav, che all’epoca sosteneva il governo di Enrico Letta. “Ci fu una discussione in punta di diritto tra il presidente e il legale, addirittura fu esaminato anche il testo di una possibile richiesta di grazia”. Ma tutto si bloccò perché l’allora Capo dello Stato pretendeva da Berlusconi un ritiro ufficiale dalla politica. Silvio “si oppose a quella fine ingloriosa, una vera e propria pietra tombale per silenziare la congiura di cui era stato vittima, e preferì alla fine scontare la pena ai servizi sociali come volontario a Cesano Boscone”.
Giustizia e politica o giustizia politica? Il sospetto, riesaminando anche l’operato di Napolitano, che doveva essere garante e arbitro dei due poteri e che invece prese parte attiva nella partita, è più che legittimo. liberoquotidiano