di Fiamma Nirenstein – È sconfortante che settanta parlamentari Pd e 5 Stelle abbiano firmato una letterina così misera per il presidente Conte (che sembra dopo abbia telefonato a Netanyahu per perorarne l’ascolto) dopo aver discusso una mozione identica in commissione esteri. Stesse note, stesso tono, stessi errori, stesso cinismo, stesso pregiudizio che stavolta dallo Stato d’Israele, la vittima preferita, si estendono al presidente Trump, anche lui un pasto prelibato per i benpensanti.
Cosa dice la letterina? Condanna la prossima eventuale «annessione» di «alcuni territori» della Cisgiordania ispirata dal piano Trump, la chiama «aperta violazione del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite», e assicura che «essa metterebbe una pietra tombale su ogni rilancio del processo di pace in Medio Oriente e sulla prospettiva di due popoli e due Stati». Ma il rilancio c’è, ed è qui, e propone proprio due Stati per due popoli. I palestinesi hanno detto di no a ogni proposta di pace, anche a quelle che gli conferivano tutti i territori compresa Gerusalemme. Il punto non è mai stata la terra, ma il rifiuto della legittimazione di Israele.
E poi, il diritto ai «territori» è inventato: la risoluzione dell’Onu che si occupa della sistemazione post ’67 parla di «territori» e non «dei territori», considerando la sicurezza di Israele. Non sono mai esistiti «territori palestinesi», né sono mai stati «illegalmente occupati». Quello che i 70 chiamano Transgiordania è la Giudea e la Samaria storica: gli Alleati riuniti a Sanremo 1920, il Mandato Britannico che doveva realizzare la dichiarazione Balfour del 1917, tutti si impegnarono per lo Stato Ebraico nei suoi confini storici.
Gli ebrei vengono dalla Giudea, il buon Samaritano viene dalla Samaria, esse erano parte di Israele. Ma parce sepultis. La Giordania li occupò illegalmente nel 1948. Nel ’67 Israele sotto attacco da parte di Egitto, Iraq, Siria e Giordania si salva e conquista la zona occupata dalla Giordania, il West Bank. Nel ’93 gli accordi Oslo, firmati da Arafat, danno ai palestinesi le aree A e B sotto controllo amministrativo, e a Israele l’area C sotto controllo militare, quella di cui si discute adesso. Gli ebrei già vivono là, non vogliono strappare terra, semplicemente intendono trasformare il potere dei centri abitati israeliani nell’Area C da militare a civile, solo per il 50 dell’area. Nell’insieme il 30 per cento di tutta la Giudea e la Samaria compresa la Valle del Giordano. Nessun centro palestinese viene toccato. Quindi finalmente si istituirebbe uno Stato Palestinese sul 70 per cento di tutta l’area, con swap territoriali.
Il criterio seguito è che i 400mila ebrei che vivono nel West Bank possano riferirsi ai poteri civili e soprattutto che non vengano scardinati così come i palestinesi. I 10mila cittadini ebrei che lo sgombero di Sharon cacciò dalla Striscia di Gaza abbandonarono case e strutture che sarebbero state distrutte per piazzare al loro posto missili di Hamas. Il piano invita a colloqui e a compromessi e intanto istituisce «due Stati per due popoli» finanziando i palestinesi.
Anche l’Ue è spaccata sul tema. I Paesi Sunniti moderati non sono contro, reagiscono furiosamente la Turchia, l’Iran, gli estremisti. Il piano richiede misure minime di sicurezza, e uno Stato palestinese che rispetti i diritti umani, consideri che i terroristi fecero più di 2.000 morti e hanno segnato per sempre la vita di Israele. La lettera ignora che il disegno del piano è ricalcato sulle idee di Ytzchak Rabin che considerava indispensabile i confini difendibili. E tiene conto finalmente del fatto che gli ebrei sono qui la popolazione aborigena. Lo sanno i 70?