Un’altra parola è stata sdoganata: ASSEMBRAMENTO. Non si sentiva dall’epoca del Ventennio e ha sostituito termini come relazioni, affetti, famiglia (l’abusivo di Palazzo Chigi l’ha sovrapposta anche agli ambienti intimi e domestici). Con una connotazione assolutamente negativa rispetto alla socialità promossa e tutelata dalla Costituzione. Assembramenti sono anche le associazioni, i sindacati, le organizzazioni politiche e le libere espressioni di protesta, anch’esse censurate con l’alibi neanche troppo originale di un virus influenzale.
La stampa igienica e la Tv di regime la usano con metodo e anche voi con troppa disinvoltura. Attraverso le parole manipolano il vostro pensare, vi fanno assorbire contenuti che non hanno, veicolando una forma di società autoritaria e priva dei caratteri della solidarietà.
A parte la matrice fascista non sottovalutate il lato semantico. Due o più persone non sono un assembramento, mi sembra una sintesi impropria e riduttiva di una realtà variegata. L’amicizia, il dialogo, la socialità sono un fatto affettivo. Le aggregazioni politiche il bisogno a riunirsi per dare luogo a un corpo sociale. Le orge, pure loro, non le puoi chiamare assembramenti. Hanno qualcosa di poetico, dipende ovviamente da chi hai dietro. La messa e la scuola anche. Non ho mai sentito dire a nessuno: questa sera vieni a casa mia, facciamo un assembramento. La gente normale cena, si incontra, parla. Ci vuole una mente malata per concepire un gruppo di persone come un assembramento.
Fa tanto mandria o gregge, corpo nelle sole funzioni biologiche. Neanche Marx era arrivato a tanto, da quel che so non ha scritto: proletari di tutto il mondo assembratevi. Eppure questa è la neolingua di un dittatoruncolo spuntato chissà come dall’Istituto Luce. Con mille difetti e un solo pregio, quello di non averne nessuno.
Un giorno si dirà del Conte: quando c’era lui gli assembramenti arrivavano in orario. Anzi no, credere obbedire distanziare. O meglio: È l’aratro che traccia il solco, ma è Casalino che lo difende. Ma forse sui libri di storia verrà ricordato con una sola frase lapidaria: visse un giorno da leone e cento li passò a pecora. Perché può anche capitare che quando vai per fottere vieni fottuto
Giancarlo Buonofiglio