Umberto Saccone, ex ufficiale dei carabinieri con alle spalle 33 anni trascorsi nell’Arma e nel Sismi prima di dirigere la sicurezza dell’Eni e dedicarsi poi alla consulenza per la sicurezza aziendale, si dice perplesso per le mancate smentite del governo sul pagamento di un riscatto nel caso Silvia Romano. Intervista di Gian Micalessin per Il Giornale di cui riportiamo le parti più salienti
Il pagamento a un organizzazione terrorista è esplicitamente vietato dall’articolo 2 della Convenzione di New York sottoscritta e ratificata dal nostro Paese.
Quali sono le conseguenze?
«La prima è la minaccia per il personale delle nostre aziende presenti in contesti critici. Presupporre che lo Stato paghi significa mettere a rischio chi lavora in aree difficili e senza sufficiente tutela. Anche perché tantissime aziende non applicano le disposizioni del testo unico 81 sulla sicurezza».
Premier e ministro degli Esteri hanno accolto Silvia senza neppure condannare i terroristi.
«Molte volte il silenzio è peggiore di tanti rumori. Negli ultimi anni c’è stata una deriva presenzialista e una tendenza a spettacolarizzare questi eventi come nel caso del rientro di Battisti. In questi casi bisogna, invece, tenere un profilo basso».
Il portavoce di Al Shaabab ha detto che i soldi serviranno per la jihad. Quindi per autobombe e stragi…
«La convenzione di New York e quella di Algeri, entrambe sottoscritte dall’Italia, vietano il pagamento di riscatti a organizzazioni terroristiche proprio perché mettono a rischio la sicurezza di tutta la comunità internazionale».
Neppure la rapita li ha condannati.
«Lo psicanalista ebreo Bruno Bettelheim reduce dai lager nazisti spiegò che in questi casi internati e sequestrati vivono un’identificazione con gli aguzzini. Probabilmente è successo anche alla Romano. Per questo era meglio farla interagire solo con familiari e psicologi. La presenza di estranei in questi casi non fa del bene ai sequestrati».