“La politica deve assumersi la responsabilità di capire che è giunto il momento di fare rientrare questo squilibrio che altera i poteri costituzionali. Questa storia che 200 magistrati sono messi fuori ruolo e vanno nei ministeri deve finire. Noi lo chiediamo da 25 anni, speriamo che quanto emerge dall’inchiesta di Perugia lo faccia capire a tutti e all’opinione pubblica”. Gian Domenico Caiazza, presidente dei penalisti italiani, spiega così all’Adnkronos il senso della denuncia lanciata dall’Unione delle camere penali su quella che un documento della giunta definisce una “democrazia giudiziaria”, dominata dal potere della magistratura. Un “potere abnorme”, sottolinea Caiazza.
Il riferimento è alle intercettazioni che sono agli atti dei pm di Perugia, nell’inchiesta in cui è indagato tra gli altri Luca Palamara, da cui emergono anche conversazioni del pm romano, ora sospeso, con il capo di gabinetto del ministero della Giustizia, Fulvio Baldi, che oggi si è dimesso. “Capiremo perché lo ha fatto, basterebbero solo le intercettazioni che sono state pubblicate. Le dimissioni del capo di gabinetto del ministero della Giustizia non è un fatto che possa essere liquidato banalmente – osserva Caiazza – Dalle intercettazioni leggiamo che il ministero della Giustizia è letteralmente governato dalla magistratura associata con criteri, logiche ed equilibri che passano sulla testa della politica, che non ne sa nulla. Quelle telefonate cosa significano se non questo, che la politica non mette bocca, è totalmente bypassata”.
“Lanciamo un allarme da 25 anni, quello dei magistrati fuori ruolo è un fatto unico dell’Italia, con qualunque governo, i destra, di sinistra, di centro – ribadisce il leader dei penalisti – La prima cosa che accade è che un paio di centinaia di magistrati vengono tolti dai ruoli e distribuiti nei ministeri, non solo in quello della Giustizia, che è totalmente appaltato alla magistratura. E’ pieno di capi di gabinetto che sono magistrati. E come sono scelti? Con quegli equilibri che le telefonate rappresentano. O ci vogliamo raccontare la storiella che Palamara sarebbe un’anima nera? In quel momento è soltanto quello che pesa di più nell’esprimere quegli equilibri”.
“E’ inutile che si voglia raccontare la storia di un magistrato, o di un gruppo di magistrati corrotti – incalza Caiazza – Il capo di gabinetto si dimette senza che gli sia contestato alcunché di illecito. Si dimette perché è stato scoperto in modo documentale quali sono le dinamiche ordinarie di organizzazione del ministero della Giustizia, ma non solo, un fatto privato dell’Associazione nazionale magistrati“.
Il presidente dell’Ucpi conclude con un invito alla politica “ad aprire finalmente la riflessione e ascoltare chi da 25 anni denuncia questo fatto unico al mondo, che chi ha fatto un concorso in magistratura diventi amministratore dell’esecutivo”. ADNKRONOS