«Sono Silvia Romano, sto bene…». È il 17 gennaio 2020, la giovane volontaria appare in un video. È la prova in vita che l’intelligence attendeva per dare il via libera all’ultima fase della trattativa e autorizzare il pagamento del riscatto. Da allora sono trascorsi altri tre mesi e mezzo segnati da un gioco al rialzo che in alcuni momenti ha fatto temere il peggio. Fino a venerdì notte, quando in un’area a 30 chilometri da Mogadiscio avviene lo scambio.
La giovane arriva vestita con gli abiti tradizionali delle donne somale e il capo coperto, appare in buone condizioni di salute. Viene subito trasferita nell’ambasciata italiana in Somalia e quando le chiedono di cambiarsi spiega di essere «una convertita», chiarisce di volerne «parlare subito con mia mamma appena la rivedrò».
Già nei mesi scorsi era circolata la notizia che fosse stata costretta a sposare uno dei carcerieri e aderire all’Islam. Si tratta di una giovane donna fiaccata da una prigionia durata un anno e mezzo e da pressioni psicologiche atroci, dunque soltanto dopo il rientro in Italia si capirà se sia davvero questa la sua scelta. Forse già domenica pomeriggio quando sarà interrogata dai magistrati e dai carabinieri del Ros proprio per ricostruire questi drammatici 18 mesi. (Corriere.it)