(MOVISOL.ORG) I guru del movimento per il cambiamento climatico, insieme a illustri membri dell’oligarchia finanziaria, intendono usare lo stato d’emergenza dettato dalla pandemia di Covid-19 per far passare la propria agenda di deindustrializzazione e di riduzione demografica. Nell’Unione Europea tale agenda si nasconde sotto il nome di “Green New Deal”. L’argomentazione è diretta: il riscaldamento globale rappresenta per l’umanità un pericolo molto più grande delle pandemie, quindi dobbiamo accettare di sacrificare il tenore di vita, lo sviluppo industriale e le libertà personali per “salvare il pianeta”. Quel che si sottace – mette invece nero su bianco l’agenzia statunitense Eir – è che in realtà si vuole salvare il potere e le prerogative dell’oligarchia finanziaria.
Potremmo iniziare con Mark Carney, ora rappresentante speciale dell’Onu per il cambiamento climatico e la finanza, il quale, dopo una carriera in Goldman Sachs, ha diretto la Bank of Canada e successivamente la Bank of England prima di dedicarsi a tempo pieno alla “Green Finance”. In un articolo apparso sull’Economist del 16 aprile, Carney affermà che “i tradizionali fattori di valore sono stati scossi, nuovi fattori di valore acquisteranno importanza”, e che “la grande prova per verificare se questa nuova gerarchia di valori prevarrà è il cambiamento climatico“.
Un’altra voce che proviene dal mondo bancario è quella di Christine Lagarde, oggi a capo della Banca Centrale Europea, che non solo ha dichiarato che qualsiasi riduzione del debito dovuta alla pandemia è totalmente “fuori discussione”, ma ha anche sottolineato che la ripresa nel post-pandemia deve essere incentrata sulla “crescita verde”.
E poi c’è “Sir” John Schellnhuber, fondatore e direttore emerito dell’Istituto per la ricerca sull’impatto climatico di Potsdam e architetto della disastrosa transizione energetica del governo tedesco, che in un articolo sul FAZ del 16 aprile presenta sia il virus Covid-19 sia il “clima” come due “drammi antropogenici”, nei quali il protagonista comune sarebbe l’uomo “distruttore” della natura e di sé stesso. Schellnhuber continua con lunghe e fosche riflessioni sulla morte e altre analogie tra la pandemia e il riscaldamento globale. Ma si lamenta che, a differenza della fiducia che i popoli hanno ora nei virologi e negli esperti medici, i primi rimangono scettici, se non addirittura ostili, nei confronti della “scienza del clima”. Ciononostante, conclude, è giunto il momento di muoversi a tutto campo per ridurre le emissioni di CO2 – e quindi, implicitamente, eliminare la moderna società industriale e ridurre drasticamente la popolazione mondiale.