di Antonio Amorosi – – Come evitare la crisi economica che rischia di fare più morti del Coronavirus? Perché il governo fa le mosse sbagliate? E perché le Regioni e i Comuni potrebbero fare la differenza? La mancanza di competenza in campo economico può produrre disastri?
Domande a cui ha risposto il professor Nino Galloni, uno degli economisti più interessanti del nostro Paese. Allievo di Federico Caffé (a destra nella foto), uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana in Italia, Galloni è stato funzionario di ruolo al ministero del Bilancio e della Programmazione Economica e direttore generale a quello del Lavoro, rappresentandolo anche all’OCSE. Docente presso la Università degli Studi di Roma, la Cattolica di Milano, la Luiss di Roma e le Università di Napoli e Modena e autore di numerosi saggi a tema economico è al centro di una proposta economica che potrebbe far cambiare marcia al Paese.
Il governo continua a fare annunci di risorse che arriveranno ma di liquidità se ne vede ben poca…
“La gente non deve sentirsi perduta. Bisognava, uno o due mesi fa, sostenere la domanda interna che significa in primis fare arrivare dei soldi a chi non ha altre fonti, fonti che sono venute a mancare. Che questo avvenga con la Cassa integrazione straordinaria, un reddito di cittadinanza, di emergenza, dei buoni acquisto o altro è indifferente. Ma che si senta perduta è inaccettabile”.
Inaccettabile, oltre che dal punto di visto umano, anche per i riflessi economici collettivi…
“Soprattutto macroeconomici. Se la domanda scende sotto un certo livello l’offerta la segue ad un velocità ancora maggiore. E così chiudono le piccole imprese che sono il nostro tessuto produttivo!”.
E quindi che si fa?
“Ci potrebbe essere anche uno scenario peggiore. Le risorse di cui parla il governo, ammesso che arrivino, vengono erogate troppo tardi e visto che non ci sono più imprese che generano produzione si creerebbe inflazione. E chi avrà denaro andrà ad acquistare sul mercato estero”.
Sono nozioni elementari di economia…
“Appunto. Ma mi chiedo come si fa a governare essendo completamente a digiuno di macroeconomia? Quelli che c’erano prima, nei decenni passati, sapevano solo di microeconomia e si sono prodotti degli errori marchiani. Ma qui non si sa né la micro né la macro. Un Paese come il nostro che è una potenza industriale manifatturiera eccezionale, perché come trasformatori noi siamo anche superiori alla Germania, la Germania è fatta di grandissimi assemblatori, può uscirne benissimo ma con le scelte giuste. Il piccolo imprenditore italiano ha una forza e una flessibilità eccezionali, ma dall’altro lato della medaglia deve fare i conti con una debolezza finanziaria che una volta esaurita è finita”.
Cosa ha fatto il governo che non va? A fronte anche della riapertura della attività…
“Ha sottovalutato l’importanza della domanda interna che è fatta di sostegno ai consumi e di una buona spesa pubblica e investimenti nei comparti strategici. Una volta che riaprono le attività produttive, se la domanda è stata sostenuta, riprendono le attività a un buon ritmo. Se invece l’offerta ha chiuso, perché la domanda non è stata sostenuta, è inutile fare quello che fa il governo, cioè aprire dei canali creditizi con le banche con le quali ci si deve indebitare. Io imprenditore non mi vado ad indebitare per pagare i costi fissi e per pagare gli operai! Mi vado ad indebitare se vedo che posso riprendere i miei affari e allargarli con prospettive di guadagno. Se invece le prospettive sono di perdita, non posso indebitarmi ancora di più, perché già sono indebitato. Bisogna ricordare che l’Italia non è arrivata a questa emergenza con un’economia florida che andava meravigliosamente! Eravamo già parecchio rovinati prima del Coronavirus. Ma la memoria purtroppo è scarsa, come diceva il mio maestro Federico Caffé, e questa è la condizione del lavoro dell’intellettuale”.
Ma il governo si è confrontato con le banche?
“In 40 anni, di cui 35 passati anche ai vertici della pubblica amministrazione, mai una volta che a un tavolo fossero presenti le banche. Adesso campeggiano cifre mirabolanti dichiarate dal governo e le banche sono disponibili più che altro a far coprire i debiti pregressi, col prestito garantito dallo Stato. A questo punto è chiaro che stiamo scherzando. E’ tutto uno scherzo”.
E l’Europa?
“L’Europa è latitante, ma in una situazione paradossale. Abbiamo una Bce disponibile a fare qualunque cosa. Possiamo fare titoli irredimibili, oppure titoli, come dice Draghi, che poi si cancellano alla fine della pandemia oppure quello che propone Tremonti, vale a dire esentasse e con altri benefici proposti ai risparmiatori interni. La Bce, tutto sommato, è disponibile perché capisce che l’ora è suprema. Invece, la Commissione europea balbetta. Il Consiglio d’Europa e il parlamento europeo, ancora peggio, non stanno facendo nulla, stanno facendo delle riunioni. Fanno le riunioni! Qui nominiamo centinaia di esperti ma esperti di cosa? Di 5G? Di Coronavirus? Esperti che poi si contraddicono fra di loro. E’ una situazione davvero inquietante. Il Paese è stretto in una morsa, tra il terrore per il contagio e la paura del crollo dell’economia. Si rischia una situazione esplosiva se non si interviene subito. Stiamo creando un percorso molto grave”.
E’ un momento fondamentale ma allora…
“Siamo a un bivio. Cosa facciamo? Continuiamo a prendere i soldi a debito dall’Europa minando la nostra autonomia? I soldi, a debito, ce li danno volentieri perché dopo si verranno a comprare l’Italia. L’alternativa invece è immettere mezzi monetari non a debito. Non possiamo prescindere da questo passaggio urgente che doveva già essere fatto due mesi fa. Quali mezzi? Vogliamo immettere dei buoni acquisto? Vogliamo immettere dei buoni spesa? Della moneta nazionale che non cozza contro l’Euro ma gli si affianca? Dei minibot? Dei Ccf (Certificati di Credito Fiscale, ndr)? Sono tutti strumenti su cui il governo doveva operare subito, facendo una commissione con degli esperti degni di questo nome, non troppo ampia, che decidesse quali di queste strade fossero più percorribili”.
Il titolo, questa possibile moneta di cui parla lei, va sempre depositato alla Bce o no?
“No. Noi abbiamo demandato, con l’Euro, alla Bce il diritto esclusivo di emettere banconote. Le ‘Stato note’ sono però rimaste dello Stato. Non le ha più emesse dai tempo di Aldo Moro ma lo Stato può emetterle domani mattina, attraverso il ministero del Tesoro. Le immette nel conto di tesoreria e vanno a coprire il fabbisogno dello Stato, non sono debito”.
Visti i continui annunci senza seguito del governo e i tempi che stringono potrebbero emettere queste monete parallele le Regioni?
“Quello che lei dice è fattibile. I Comuni stanno già emettendo della moneta complementare, non parallela, a valere sui trasferimenti sottordinati di somme già stanziate e impegnate. Sono degli anticipi. Quello che si potrebbe fare è l’emissione di mezzi monetari a valere su futuri stanziamenti e impegni. Lo possono fare sia le Regioni che i Comuni: è contro le regole di contabilità, ma se l’emergenza si aggrava…”.
Cosa cambia per il cittadino?
“Il cittadino avrebbe in mano dei pezzi di carta, delle monete metalliche o degli accrediti su una carta di credito, elettronica, per fare la spesa ed affrontare tutte le sue esigenze nell’ambito del territorio. La globalizzazione come la conoscevamo fino ad ora è finita. Questo sistema è anche un incentivo a sviluppare l’economia locale”.
Secondo lei chi è al governo ha capito che c’è un reale rischio di deindustrializzazione del Paese?
“Non posso sapere cosa c’è nelle loro teste, nei loro cuori, nelle loro anime. Se non l’hanno capito è perché la vogliono, non so come dire. Bisogna chiederlo a loro. Mi pare strano che Conte abbia nominato una task force che è tutta orientata sul gruppo Bildenberg. E guardi io non credo che Bildenberg sia una cosa seria, importante, se non perché dall’altra parte non esistono governi degni di questo nome, classi dirigenti degne di questo nome. Ci fossero dei Kennedy, dei Moro, eccetera, Bildenberg ci farebbe solo fare delle risate. Ovviamente poi dietro Bildenberg ci sono altre cose più serie e più gravi. Ma siccome il Paese non è governato, pesano anche queste cose qui”.
Ci sono anche altri strumenti paralleli che potremmo usare come Paese? Come farci una nostra agenzia di rating…
“Lo dico da anni che dobbiamo farci una nostra agenzia di rating. Se lo scenario dell’economia reale più preoccupante è una caduta della domanda, minore paradossalmente alla caduta dell’offerta, quindi la caduta dell’offerta è maggiore, nell’economia del debito la cosa più grave è che le banche non possono tenere nei loro attivi titoli considerati spazzatura. Li devono mettere fuori. Ma a quel punto lo Stato cosa fa? Si deve arrendere! Quindi dicevo: facciamo una nostra agenzia di rating. E costringiamo le grandi banche a rispettare delle regole. Gli si dice: o vi applichiamo una legge Glass Steagall (la legge Usa adottata dal presidente Roosevelt che separava le banche che svolgevano l’attività tradizionale di credito da quelle che facevano speculazione finanziaria, ndr) oppure continuate a prendere dei titoli di Stato. Le piccole devono invece riprendere a fare credito sul territorio. Con le decisione presa dal governo, sulle risorse da dare alle imprese, le banche se ne fregano. Invece quello che dovrebbe fare il governo è mettere le banche ad un tavolo e con le buone, con una moral suasion, convincerle a fare le cose giuste. E se non si convincono intervenire in un altro modo”.
Vediamo nel mondo l’allargarsi del divario tra governi e popoli. In questa fase il divario si è accentuato. In questa fase su questo tema, nello spicciolo quotidiano, qual è la cosa che l’ha più colpita?
“Un assurdità, diciamo così. Mi domandavo perché per controllare lo spaccio, la prostituzione, la criminalità organizzata i mezzi sono sempre risicati. Ho avuto a che fare con poliziotti che dovevano mettere – per collaborare con noi funzionari del Ministero a stanare i caporali e altri malfattori – di tasca loro la benzina nelle volanti perché non c’erano 20 euro. Adesso, invece, hanno sguinzagliato i droni e le armate per un disgraziato che si fa la corsetta nella villa o per il tizio in spiaggia. E’ assurdo o no?”.
Il mondo dell’Euro, come lo conoscevamo, è finito?
“Dipende dalle scelte. Gli eurobond non si fanno. Si fossero fatti all’inizio e senza condizioni avremmo imboccato un altro percorso. Adesso poi con Germania e Olanda che non li vogliono, non si possono neanche più fare. La soluzione ora può essere o l’emissione di moneta non a debito da parte degli Stati, la cosiddetta moneta parallela, con una doppia circolazione all’interno di ogni Paese. Comuni o Regioni potrebbero emettere dei titoli irredimibili, che non si devono riscattare. Li prende la Bce che dà in cambio soldi. Gli enti dovrebbero pagare solo gli interessi che, non lo zero virgola, convengono. Con 40.000 euro ci porteremmo a casa milioni di euro ed avremmo soldi freschi. E’ una strada che ha indicato persino Soros. Si rende conto che è un momento difficile anche per i suoi affari. Sennò c’è la soluzione Draghi: si aumenta il debito, da azzerare alla fine della pandemia. Abbiamo già perso il 10% del nostro Pil che altro vogliamo aspettare? Di perdere un altro 10% prima della fine dell’anno e di abbassare il gettito fiscale in modo da mettere a rischio il pagamento degli stipendi pubblici e delle pensioni? Bisogna fare una scelta e farla subito!”