I buoni spesa erogati per far fronte alla crisi da Coronavirus spettano anche ai migranti irregolari in condizioni di difficoltà economica. Le toghe bacchettano il Campidoglio sul provvedimento relativo ai ticket. Secondo la giudice del tribunale civile di Roma, Silvia Albano, è discriminatoria la delibera del Comune di Roma che chiede la residenza anagrafica come requisito per il buono spesa, escludendo così gli immigrati irregolari.
Coronavirus, buoni spesa a migranti irregolari – La decisione accoglie il ricorso di Randy A., immigrato filippino con tre figli minorenni che vanno regolarmente a scuola, che ha contestato la delibera della Sindaca Raggi. L’uomo aveva chiesto al Municipio XIV il contributo specificando la propria condizione economica di fragilità per effetto del lockdown e la situazione di irregolare, dunque privo della residenza.
Ma proprio per questo motivo è stato escluso dal buono spesa. “Attualmente – ha sostenuto in udienza il legale dell’immigrato, Salvatore Fachile – il ricorrente e la sua famiglia non riuscirebbero neppure a regolarizzarsi essendo al momento chiusi gli Uffici Immigrazione delle Questure e sospese le procedure di rilascio dei permessi”.
Argomentazioni accolte dalla giudice che, nel ricostruire la disciplina dei diritti fondamentali degli stranieri e facendo riferimento a principi già affermati dalla Corte costituzionale, ha spiegato come nell’ambito dei diritti umani fondamentali esista un “nucleo minimo che non può essere violato e spetta a tutte le persone in quanto tali, a prescindere dalla regolarità del soggiorno sul territorio italiano”. E in questo “nucleo minimo” c’è anche il diritto di soddisfare i bisogni vitali, come quello alimentare.
Ricorso dunque accolto: nessuna “discriminazione”, anche le famiglie dei migranti irregolari in difficoltà hanno diritto ai buoni spesa. Quella misura emergenziale messa in campo affinchè i soggetti più vulnerabili riescano a soddisfare i bisogni primari vista la situazione eccezionale determinata dall’emergenza sanitaria in atto.