Eliminare il Mes vuol dire prendere più probabile l’uscita di un paese dall’Eurozona in caso di crisi. E chi fa finta di niente è complice di un disegno pericoloso. È ora di svegliarsi. La riunione del Consiglio Europeo del 23 aprile è imminente e in lungo articolo su Il Foglio Lorenzo Bini Smaghi, economista, già membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, scrive che “l’avversione al Mes appare altrettanto sorprendente per un paese come l’Italia che non ha mai fatto ricorso al Meccanismo” mentre, al contrario, “”i paesi che hanno ricevuto prestiti dal Mes, come la Spagna, il Portogallo, la Grecia, l’Irlanda e Cipro, sono a favore della riforma del Mes e dell’istituzione di una linea di credito sanitaria”.
Il punto, secondo Bini Smaghi è che “i prestiti erogati dal Mes sono vantaggiosi, vengono concessi a tassi più bassi di quelli di mercato, vengono accompagnati da un programma di risanamento finanziario concordato con il Consiglio dei ministri europei, mirato ad assicurare che il paese possa ripagare entro la scadenza prevista e finanziarsi nuovamente sul mercato” e i paesi che vi hanno fatto finora ricorso – Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro – “sono usciti dalla precedente crisi in condizioni migliori dell’Italia, rimborsando addirittura in anticipo i loro prestiti” mentre la Grecia “rappresenta una eccezione, un caso a parte”, perché la crisi greca “è scoppiata quando non c’era ancora il Mes, né il suo precursore”. Il vantaggio, oggi, è che “non ci saranno condizioni macroeconomiche, ex ante o ex post” assicura Bini Smaghi.
Perché allora opporsi al Mes? Secondo Bini Smaghi l’opposizione al Mes “non è di natura tattica ma fondamentalmente strategica” perché “il Mes costituisce un elemento portante dell’unione monetaria europea” e senza il Mes “l’integrità dell’area dell’euro è a rischio” e ciò significa “tornare alla situazione pre 2010”. Cioè “significa rendere più probabile l’uscita di un paese in caso di crisi”, che per taluni “potrebbe essere il modo migliore per raggiunge il risultato” da lungo tempo perseguito. E “chi fa finta di non accorgersene diventa complice” conclude l’economista. AGI.IT